Intervista a Eric Woolfson

Tratta da "Nobody's Land - Frammenti dell'Utopia Progressiva" n. 23 - Gennaio 2006

 

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Come naturale complemento della retrospettiva apparsa sullo scorso numero di Nobody's Land questa intervista cerca di rendere un quadro più completo dell'uomo e artista Eric Woolfson. L'occasione è preziosa non solo per parlare dei suoi impegni presenti e futuri, ma anche per chiarire e approfondire alcuni aspetti relativi all'Alan Parsons Project.

 

Francesco Ferrua: Iniziamo con una domanda a proposito del tuo ultimo album, Poe. Nelle note si legge che è stato registrato tra il 1997 ed il 2003… un arco di tempo piuttosto lungo. A cosa è dovuta principalmente questa lunga gestazione e quali sono stati i brani registrati per primi, quali i più tardivi?

Eric Woolfson: Dal momento che non mi trovavo sotto obblighi contrattuali ho avuto il lusso di permettere che il progetto prendesse il tempo necessario e visto che volevo che il prodotto finale risultasse libero da compromessi artistici ho accettato che richiedesse una considerevole quantità di tempo in studio. Il modo col quale le cose sono state registrate non è stato una di seguito all'altra, ma piuttosto si è lavorato in parallelo su porzioni di ogni canzone, quindi non c'è realmente un ordine che io ti possa fornire. Ma posso dirti che Immortal è stata l'ultima canzone ad essere completata.

F.F.: Per quanto riguarda il significato dei tuoi testi ti definisci come uno specchio posto dinanzi all'ascoltatore, uno specchio che permette ad ognuno di dare alle tue liriche una personalissima interpretazione, così intima da aiutare ognuno a scoprire se stesso più a fondo. Questo è certamente vero, ma io trovo che i tuoi testi dicano molto anche di te, come uomo e come artista. Sto pensando ad esempio a You Don't Believe che sembra una critica nei confronti di Alan, Limelight che pare esprimere il tuo desiderio di uscire dal cono d'ombra di Parsons per metterti finalmente in luce all'interno del Project, oppure più recentemente Lonely Song dove si legge "If fortune were my goal, fame was my ambition / why am I so afraid to face the crowd?" che pare esprimere appieno la tua timidezza da palco. E questi sono soltanto alcuni esempi… cosa mi dici?

E.W.: Per quanto questi testi possano essere autobiografici o meno, ritengo sia più importante non influenzare l'ascoltatore con le mie personali interpretazioni. La sola cosa importante per un ascoltatore dovrebbe essere come egli o ella reagisce, così l'analogia con lo specchio è davvero valida per me.

F.F.: Qual è stato il principale motivo per il quale il Project non ha mai tenuto concerti? Non credi che il successo avrebbe potuto essere notevolmente maggiore se aveste portato in giro per il mondo la vostra musica?

E.W.: Sono assolutamente d'accordo con te, ma all'epoca il ruolo di Alan non era tale da poter essere riproposto dal vivo ed egli non era favorevole ad uno sviluppo in tale direzione. Ma in ogni caso ci trovavamo sotto obblighi contrattuali così pressanti che non c'era nemmeno il tempo per ipotizzare la possibilità di andare in tour, visto che per metà dell'anno io componevo il materiale e per l'altra metà dell'anno lo registravamo assieme e nel frattempo promuovevamo l'album precedente attraverso conferenze stampa, interviste radiofoniche, eccetera, eccetera, in giro per il mondo.

F.F.: The Alan Parsons Project è una di quelle rare band delle quali non esistono alternative versions o out-takes, questo probabilmente perché era lo stesso Alan a curare tutte le registrazioni, anche le single edit, e a tenere sotto controllo i nastri. Inoltre, da buon produttore, Alan sapeva bene quando una canzone avrebbe funzionato o meno e, conseguentemente, praticamente tutto ciò che avete registrato è andato a finire sugli album. Sicilian Defence è l'unico album del Project mai pubblicato e, dunque, probabilmente l'unico materiale inedito esistente. Puoi raccontarci la genesi di questo disco e darci una breve descrizione? So che è un album completamente strumentale e realizzato soltanto per rispettare il contratto con l'Arista… questo significa che è musicalmente povero? Ci suonate solo tu ed Alan oppure tutta la consueta band, orchestra inclusa?

E.W.: Sono spiacente, ma con la tua premessa sei giunto a conclusioni errate in merito a come venivano effettuate le registrazioni. E' la casa discografica ad avere la responsabilità della vendita del prodotto e per quanto ne so essa non ha mostrato interesse nello sviluppare versioni alternative. Di fatto, la Arista non esiste più come entità indipendente e, dunque, non c'è davvero nessuno per quanto io ne sappia che abbia alcun interesse nel commercializzare il prodotto nel modo che tu prospetti.

F.F.: Il master è andato perso o, volendo, un giorno il disco potrebbe vedere la luce?

E.W.: Fu concordato con l'etichetta discografica che Sicilian Defence non sarebbe stato pubblicato, dunque temo che sia davvero la fine dalla questione.

F.F.: Se ci accosta un album come Tales Of Mystery And Imagination o I Robot ad album quali Ammonia Avenue o Vulture Culture balza subito agli occhi come col passare degli anni la vostra musica si sia fatta sempre meno sperimentale e innovativa, per poi ritornare a farsi musicalmente più interessante con i due capitoli finali, Stereotomy e Gaudi. Ciò è dovuto a una scelta consapevole o, più probabilmente, ad una pressione da parte dell'etichetta discografica?

E.W.: Non ci fu coinvolgimento artistico da parte dell'etichetta discografica nella realizzazione dei dischi. Dal mio punto di vista, le canzoni ed i brani strumentali che io scrissi avrebbero potuto essere registrati in molti modi differenti e direi che questa domanda dovrebbe essere posta ad Alan visto che egli è stato l'ingegnere ed il produttore che ha deciso in merito allo stile da dare alle registrazioni.

F.F.: Catalogare la musica del Project è sempre stata una impresa ardua. La si potrebbe definire progressive o alternative rock, ma occorrerebbe fare distinzione da un album all'altro. Come la definiresti tu e quali influenze credi di aver ricevuto dai principali esponenti del rock progressivo?

E.W.: Come dici, non credo si possano catalogare tutti i dischi del Project sotto un'unica categoria. All'epoca noi stavamo realizzando album da una differente prospettiva rispetto a chiunque altro. Dal momento che non si trattava di un gruppo che eseguisse concerti, noi realizzavamo dischi con la più alta qualità tecnica di studio possibile, e dato che eravamo gli unici che sembravano avere questo come fondamentale priorità non copiavamo nessuno. Come compositore, non sono limitato ad un particolare stile e credo che fino a un certo punto questo sia rispecchiato nei dischi del Project. Sebbene ci fossero in giro molti altri artisti che stavano realizzando album impressionanti che ci piacevano e ammiravamo, come ad esempio i Police, gli Steely Dan e molti altri, non c'è mai stato alcun tentativo di copiare o essere influenzati dai lori lavori. Caso mai l'opposto, se in studio veniva fuori qualcosa che sembrasse poter aver subito influenze facevamo ogni sforzo per trasformarla in qualcos'altro.

F.F.: E' noto che salvo i brani strumentali e rare eccezioni tutte le canzoni del Project sono state composte da te e poi sviluppate in studio da Alan. Qual è stato, dunque, secondo il tuo punto di vista il contributo di Parsons sul risultato finale? Te lo domando perché ho il sospetto che tu veda il suo contributo come puramente sonoro ed a livello di arrangiamento… cambiati gli arrangiamenti, finito il contributo di Alan. E' così? Ed è per questo che hai ritenuto di non citare Parsons come coautore dei brani del Project usati nei tuoi musical?

E.W.: Per prima cosa correggo nuovamente parte di ciò che hai detto, io ho composto anche un considerevole numero di strumentali. Il contributo significativo di Alan era ovviamente in qualità di ingegnere e produttore, per il quale egli è stato responsabile del trattamento e dello stile dato alle registrazioni. La presenza di Alan come co-autore nei credits degli album del Project fu un accordo d'affari che non riflette i suoi input creativi in termini compositivi. Questo accordo terminò con il completamento dell'album Gaudi dell'APP, il quale fu l'ultimo album a contratto con l'Arista. Su Freudiana io sono accreditato come il compositore di tutte le tracce tranne una che Alan effettivamente compose e per la quale è egli ad essere citato come compositore. Per quanto riguarda i credits delle canzoni usate nei miei musical la risposta breve è che non fu Alan a comporle, ma io.

F.F.: Ho avuto modo di visionare Steps - The Making Of Gaudì Musical ed ho avuto conferma di quanto già pensavo: il tuo impegno nei tuoi musical è totale, non solo per quanto riguarda le musiche ed il libretto, ma anche per il casting, le prove e la coordinazione del tutto. Quali sono le più grandi soddisfazioni che ti ha dato scrivere musical piuttosto che più semplicemente registrare dischi come facevi ai tempi del Project?

E.W.: La soddisfazione nel comporre per il teatro piuttosto che fare dischi deriva dai fatti. Nel mercato discografico il prodotto finale è un pezzo di plastica, mentre in teatro hai a che fare con un'attività multidimensionale che coinvolge il talento e la disciplina di altre persone, come i registi, i coreografi, i costumisti, gli scenografi, eccetera, eccetera. A tal proposito, loro, non io, hanno la responsabilità delle decisioni riguardanti il casting e tutto il resto, benché spesso loro si rivolgano a me come gesto di cortesia.

F.F.: I credits su Gaudì Musical e Gambler sono così scarni da non indicare chi ha preso parte alle registrazioni. Puoi dirci tu quali musicisti e quali orchestre hanno partecipato alle registrazioni? Suoni tu il piano e le tastiere?

E.W.: Poiché queste registrazioni non furono effettuate come le registrazioni del Project, all'epoca pensai che non fosse necessario dare altrettante informazioni nei credits e sfortunatamente col passare del tempo è difficile ricordare chi fu o non fu coinvolto. Quel che posso dirti è che io feci gran parte del lavoro alle tastiere assieme a Haydn Bendall, il mio ingegnere, che è stato un altro membro dello staff degli Abbey Road Studios. Eravamo inclini a non usare musicisti convenzionali per la base perché per il teatro l'approccio al suono è molto differente rispetto a un album, di conseguenza usare basso, batteria e chitarre nello stile del Project non sarebbe stato appropriato. Naturalmente questo ha significato sacrificare la qualità delle registrazioni rispetto a come vengono fatti i dischi normalmente, ma la priorità in questo caso era il teatro. Così per realizzare la maggior parte dei suoni sono stati usati sintetizzatori a tastiera, benché aggiungemmo una intera orchestra, la Czech Philharmonic, che registrammo a Praga.

F.F.: Credo che uno dei punti di forza di Poe sia il fatto di non contenere cover di vecchi brani del Project, per contro ritengo che il principale difetto di Gambler sia da ricercare nella presenza eccessiva di vecchi brani, tra l'altro provenienti da differenti album del Project. Come giustifichi le scelte fatte per Gaudì Musical e Gambler e quale sarà la tendenza per il futuro?

E.W.: La risposta è che non si può sempre accontentare tutti! Che si stia componendo un concept album o uno spettacolo teatrale, il processo creativo è del tutto simile sebbene, naturalmente, in termini di lunghezza lo spettacolo teatrale è più del doppio. La scelta del materiale è in definitiva una decisione del regista dello spettacolo, la cui responsabilità è di decidere in merito al contenuto, ed io lascio questa decisione a lui o lei.

F.F.: In Poe hai ripreso la frase che Orson Welles narrò per Tales Of Mystery And Imagination, "All that we see or seem is but a dream within a dream". Una frase molto affascinante e suggestiva, ma che si presta a libera interpretazione. Qual è il significato che ne trai tu?

E.W.: "I am a mirror, I am a mirror, looking at me you see yourself"!!! (N.d.T.: "Sono uno specchio, sono uno specchio, guardando me vedi te stesso", tratto dal testo della canzone I Am A Mirror contenuta nell'album Freudiana).

F.F.: A quando la pubblicazione del DVD della premiere di Poe registrata agli Abbey Road Studios e quando l'apertura ufficiale del musical?

E.W.: Desidererei poterti rispondere, ma non mi è possibile al momento. Stiamo lavorando ad entrambe le cose ed ovviamente ti farò sapere!

F.F.: Cosa puoi dirci di A Forest Fire, il musical sul quale stai lavorando in collaborazione con la coreana Seensee Musical Company?

E.W.: Al momento sono proprio nel mezzo di questo progetto e ci sarà molto da dire a breve.

F.F.: Negli ultimi anni la forma musical sembra aver preso piede anche in Italia… c'è qualche speranza di vedere i tuoi musical rappresentati nel nostro Paese un giorno o l'altro?

E.W.: Non ci sono piani imminenti per l'Italia, ma chissà per il futuro.

F.F.: Essendo stato presente alla premiere londinese di Poe ho avuto modo di osservare e prendere parte alla grande devozione di stima e affetto che i tuoi tantissimi fan da tutto il mondo ti hanno tributato. Cosa hai provato di fronte a così tanto positivo riscontro? Nel periodo del Project tu ed Alan avete sempre scelto di giocare la carta del mistero, tenendovi nascosti dietro al carismatico nome Project, dando scarsissima importanza all'immagine e puntando l'attenzione esclusivamente sulla musica. Credi oggi che questa sia stata una scelta valida o adesso, senza più il marchio Project, si è rivelata un'arma a doppio taglio?

E.W.: Certamente, mi è piaciuta l'esperienza di Poe agli Abbey Road ed è stato meraviglioso incontrare così tanti sostenitori del mio lavoro, in particolar modo i Roadkillers! (N.d.T.: gli iscritti alla mailing list Roadkill dedicata al Project). Per quanto riguarda la domanda relativa all'immagine ed il basso profilo, io preferisco restare fuori dai riflettori, tuttavia da un punto di vista commerciale questo senza alcun dubbio porta con sé delle difficoltà. Ho definito la mia decisione di chiamarlo The Alan Parsons Project come la migliore e la peggiore decisione della mia carriera. La migliore nel mantenere l'anonimato e la privacy per la mia famiglia, la peggiore perché devo costantemente spiegare il mio ruolo all'interno dell'APP alle persone che credevano che Alan avesse fatto tutto.

F.F.: Come sono i tuoi rapporti oggi con Alan Parsons? Avete modo di ascoltare a vicenda i vostri prodotti e, magari, scambiarvi costruttivi pareri?

E.W.: Dal momento che Alan ora vive in un altro continente ed abbiamo preso direzioni artistiche molto differenti c'è pochissimo contatto tra noi due.

F.F.: Che tipo di musica ascolta Eric Woolfson nel tempo libero? Segui la scena musicale attuale e se sì, hai qualche preferenza?

E.W.: Sicuramente non seguo l'attuale scena musicale e qualora io ascoltassi musica per rilassarmi si tratterebbe di musica classica o dell'ultima scoperta di mio nipote in fatto di musical, il quale attualmente è completamente preso da The King And I, The Sound Of Music e, per quanto la cosa mi addolori, Joseph And His Amazing Technicoloured Dreamcoat!

F.F.: Quali sono i tuoi progetti musicali per il futuro? Stai già lavorando a qualche nuovo lavoro in parallelo a A Forest Fire?

E.W.: Visto che c'è così tanto lavoro da fare nella promozione e nel marketing dei musical esistenti credo che questo mi terrà piuttosto occupato per il prossimo futuro, ma naturalmente ho idee musicali accumulate nel tempo, le quali, così come la Sagrada Familia di Gaudi, richiederebbero più di una vita per essere completate! Al momento sono in partenza per il Giappone per la seconda premiere del tour giapponese della versione coreana di Gambler e sono da poco tornato da uno spettacolo di Gaudi in Germania. Spero che ci saranno molte altre simili premiere.

Francesco Ferrua - maggio 2005