1978: la favola egiziana
di Pyramid

a cura di Dario Pompili

 

In merito a Pyramid, terzo tassello del mosaico del project, vado ad analizzare uno dei pochi articoli apparsi nel 1978, anno di uscita dell'album. Si inizia con alcune lusinghiere indicazione su Parsons: "cominciamo con il dire che Parsons sa il suo mestiere, ovvero conosce come si crea e si realizza un disco… una volta che si è messo a firmare dischi in proprio, questa impostazione mentale si è concretizzata naturalmente, e nei suoi dischi si sono ritrovate tutte le atmosfere cosmiche / elettronicheggianti in cui si era deliziato con i Floyd. […] Il fatto è che, a parte la loro immediata recepibilità, i suoi dischi nascono freddi. La sensazione che danno non è di essere stati composti sulla spiaggia o in camere di hotels, ma in sala di registrazione."

Un breve commento è necessario. Il duo Parsons-Woolfson non ha mai detto o lasciato intendere di voler affidare la composizione all'emotività del momento, nè che la stesura dei brani possa essere considerata completamente fattibile con un giro di chitarra provato tra amici; come Parsons avrà modo di affermare in seguito la base di partenza è il piano acustico. Sia Parsons che Woolfson sono degli eccellenti pianisti, e l'approccio iniziale su tastiera li rende in grado di valutare dove e come andare ad introdurre le varie tracce che compongono il brano ultimato.

Questo Parsons con i guanti da chirurgo che sembra esclusivamente un personaggio misterioso ed inarrivabile, chiuso dentro la sala di registrazione, è stato sempre un elemento che ha suscitato un forte distacco tra lui e la critica, quasi a dire che Parsons è restio ai rapporti con gli altri, un asceta del mondo musicale; per fortuna si arriva a capire che "la pianificazione ha i suoi vantaggi. Il principale è quello dell'accuratezza con cui un giocattolo può essere costruito, pezzo dopo pezzo".

Il project non è un gruppo folk, ed è ovvio che non basti una chitarra ed un falò sulla spiaggia. Un anno dopo, in corrispondenza con l'uscita di The Turn Of A Friendly Card, Woolfson arriverà a dire, estremizzando in senso provocatorio, che "nel project la parola feeling non è ammessa", questo per attestare che l'emotività può solo danneggiare la buona riuscita di un lavoro: la partecipazione mentale è elevatissima, e nulla è lasciato al caso. L'articolo continua, toccando purtroppo livelli di dubbio gusto: "...l' easy-elettronica è lasciato ad altri..." (e di seguito la grossolanità) "peccato sentire delle sviolinate in The Shadow Of A Lonely Man degne del peggior Paul Mc Cartney". Premetto che "le sviolinate" sono riferite alla parte orchestrale del pezzo, realizzata da una persona del calibro di Andrew Powell, uno dei più grandi arrangiatori orchestrali viventi; affermazioni come queste, per le quali il buonsenso vorrebbe che non venissero neanche riportate, attestano la, eufemisticamente parlando, "superficialità" del giudizio, che dovrebbe indurre a glissare su tali frasi, se non fosse per onorare il dovere della completezza dell'informazione. Andrew Powell, che ha collaborato in quasi tutte le composizioni del Project e con Parsons solista, è una persona che nel 1983 ha realizzato un LP interamente orchestrale ritracciando alcuni brani del Project in chiave sinfonica, con agganci ritmici e compositivi moderni:, l'opera di Powell (autore di lavori come la maestosa colonna sonora del film "Ladyhawke") è uno dei più elevati esempi di conduzione musicale in grado di accorpare classicità e modernità in una chiave stilistica innovatrice.

Pyramid rappresenta ancora una volta un obiettivo centrato in pieno sotto l'aspetto della tematicità, come ha affermato in seguito lo stesso Parsons, il quale dirà di aver avuto ispirazione per la realizzazione di questo concept da una serie di input visivi analizzati attraverso filmati sul mondo egizio; personalmente ritengo che rappresenti l'album in cui l'unitarietà del tema, quello della affermazione e della disfatta di un faraone egizio (le foto di copertina ed interne ritraggono più volte la piramide di Cheope), suggerisce all'attento ascoltatore sottili metafore estensibili ai nostri giorni, ancora una volta miscelate con saggezza stilistica; l'intero album va letto come il passaggio dall'apogeo alla conclusione dell'esistenza del faraone, che, come il duo Woolfson/Parsons intendeva dirci, resta comunque un comune mortale. L'iimensità della opera egiziana, la piramide, viene commentata in What Goes Up… dallo stesso Parsons in questo modo: "In What Goes Up… abbiamo voluto rappresentare lo sgomento della schiavitù costretta a realizzare un'impresa sovraumana (quella appunto di costruire una piramide, n.d.r.) la quale avrebbe portato alla perdita di molte vite (quelle degli schiavi) al fine di illudersi di preservare in eterno l'esistenza del faraone" .

Questa è solo la traccia iniziale, perché l'album si dipana svolgendo una matassa musicale che affronta, in stili differentemente assemblati, il dramma dell'approssimarsi della morte del faraone stesso, inizialmente ritenutosi incorruttibile dal tempo, ma che quando vede avvicinarsi gli ultimi giorni della sua vita, comprende la sua natura mortale; difatti il tema prosegue e assume maggior spessore in brani come "Shadow Of A Lonely Man" al proposito del quale rabbrividisco leggendo sull'articolo che "il testo sembra quello dello studente alla prima cotta", affermazione giustificabile a malapena per chi non ha capito nulla del tema affrontato nell'album, quando invece tratta dell'approssimarsi della morte del faraone (…guardami adesso, sono divenuto l'ombra dell'uomo che ero…), e prosegue con "Can't Take With You", che rappresenta il trapasso del faraone nel mondo dei più, rappresentato quasi visivamente dalla figura del traghettatore di anime che parla in prima persona al momento in cui si trova a trasportare il faraone nell'aldilà (...sono un umile servo con un messaggio per te, so che hai mille ragioni per restare, ma nonostante tutto quello che farai, non puoi portarlo con te…) riferendondosi al corpo del faraone, che potrà portare nell'oltretomba solo la sua anima, come tutte gli altri comuni esseri mortali che accompagneranno il faraone nel viaggio senza ritorno.

Bellissima rappresentazione, sembra quasi di vedere lo stupore di chi cerca ancora di affermare la sua presunta onnipotenza, cercando di mascherare la sua reale natura umana, e trovandosi a spartire la stessa realtà, quella della morte, delle centinaia di schiavi che lui stesso aveva contribuito ad uccidere con la costruzione della piramide.
A fronte di questa interpretazione, veramente toccante, e che ci fa comprendere la cura dei testi, la loro portata visiva, ed il loro stretto legame con tutta l'opera, l'articolista afferma semplicemente che in Can't Take It With You "si casca nell'esilarante". Di seguito riporto, senza ulteriori commenti, il finale dell'articolo, comprensivo di sgrammaticature:" A volte, per le sue fonti a Parsons è stata accreditata una volontà culturale che non è mai stata realmente. (realmente cosa? n.d.r.). Poe ed Azimov (Asimov, casomai, n.d.r.) sono stati solo pretesti, lo scopo era un suono facile e sufficientemente commerciale. Qui della maestosità del mistero egizio non c'è proprio nulla."