Il 1982: il Project
e l'occhio di Ra

a cura di Carlo Pompili

 

"Sensazioni e ricorsi": potrebbe essere questo il titolo adeguato per illustrare lo stato d'animo sollevato in Italia all'uscita di uno degli album più fortunati de The Alan Parsons Project, utilizzato in una lettera aperta da un fan dell'epoca. Le stesse magiche atmosfere già colte nei lavori precedenti si irradiano come una spessa coltre di nubi senza però offuscare chi ascolta, fornendo una lezione di musica il cui fine è quello in cui "nessuno e tutti gli strumenti emergano".

Nell'analisi dell'album, una prima stranezza si coglie nella stessa definizione, che, a detta dei critici, non risulta un "album concept", bensì "una collezione di brani pop/rock, di ottima costruzione e raffinatissima forma (…) unificati in una sintesi e in un sound che è solo quello di Alan Parsons". Grande è qui l'errore della critica, perchè l'album risulta unitario non solo sonoricamente (grazie a Parsons), ma anche concettualmente (grazie a Woolfson): la tematica in questo caso è addirittura triplice, con riferimenti "stellari e spaziali", come Sirio, i Gemelli, la Luna per un verso; l'occhio di Ra che fa da costante riferimento, sovraintendente la volontà umana, sintomatico avvertimento della superiore soggezione infusa nella simbologia egizia, che accompagna con particolari ideogrammi i singoli brani dell'opera; nonché l'evidente riferimento a vari romanzi di fantascienza, fra cui l'omonimo "Eye In The Sky" di Philip K. Dick, lo stesso "The Time Machine" di H. G. Wells cui Parsons dedicherà un album in seguito, e soprattutto il romanzo "1984" di George Orwell, in cui domina il "Grande Fratello", uno strumento con cui la classe sociale superiore controlla quella inferiore, illudendola che esso sia una divinità, e usando il condizionamento mentale. "Io sono l'occhio del cielo che ti guarda, posso leggerti nella mente…". Tre piani di lettura, che inoltre sono connessi fra loro. Tuttavia, secondo i suoi immancabili detrattori, Parsons confeziona nuovamente "una regia raffinata e di polso, con una cura esasperata dei suoni, quasi una perfezione estetica che rischia di calare l'ascolto al centro di un iceberg bianco ed immacolato …" ed inoltre "… una musica senz'anima, una perfetta meraviglia tecnologica, sostenuta solamente da un freddo e programmato piacere estetico."

Con ogni probabilità, i nostri disattenti recensori non hanno fatto alcun riferimento nemmeno a quella profonda affinità esistente tra la musica di Alan Parsons e quella classica, dove anche quest'ultima è "formalmente perfezionistica", pregna anch'essa di un soggettivo pathos, di un "patrimonio emotivo" puramente soggettivo.

"Eye In The Sky" è la felice prosecuzione dell'album precedente (The Turn Of A Friendly Card, 1980): tematicamente, perchè ispirato al controllo da parte delle telecamere nascoste onnipresenti a Montecarlo, e sonoricamente, dato che il progetto musicale porta alla luce un prodotto che vuole imporsi come la "musica classica di quegli anni", coniugando tale proposito con la capacità visionaria del "cinematic rock", teso a visualizzare una musica che scorre fluente come un fiume in piena, capace sì di ingrossarsi, ma anche di scorrere negli infiniti rivoli dei labirinti auricolari dei suoi sapienti ascoltatori.

"Sirius", misteriosa e possente, "apre il disco, ed è questo il momento più intenso dell'LP, che in qualche modo ne fornisce la chiave d'ascolto, per poi lasciare spazio alle note di Eye In The Sky, semplice, orecchiabile, un pezzo costruito con la consueta perizia e gli schemi usuali del Project". Un brano, quindi, sicuramente di facile presa, ma che "ad un ascolto attento rivela preziose sfumature, soprattutto di grande carattere tecnico".

"Silence And I", che chiude il primo lato dell'album, è l'altro pezzo dove "elementi colti e popolari" si fondono assieme, dove Woolfson sussurra struggentemente, senza gridarla, la totale inermità dell'uomo.

Ed ancora: fanno capolino "Psychobabble" ritmato dalla ringhiosa voce di Elmer Gantry, un "irresistibile rock/funky bianco, dall'andamento incisivo e marcato"; la strumentale "Mammagamma", pezzo che per certi versi anticipa di almeno dieci anni alcune tendenze elettroniche, ed omaggio al doppio LP dei Pink Floyd "Ummagumma", datato 1969; l'intensità ed il lirismo di Colin Blunstone, sublimato dall'esecuzione della maestosa "Old And Wise".

Tecnicamente compare per la prima volta un Sony PCM 1610 per il mastering digitale del nastro e fanno la loro comparsa i primi computer, usati anche come sequencer in particolare nei brani strumentali, mentre Andrew Powell dirige personalmente un'orchestra di 95 elementi; tutto ciò diventa una semplice notazione di colore a fronte dell'enorme successo che l'album riscuote in mezzo mondo, sia sotto forma di 45 giri che di 33 (nel Luglio 1982 Eye In The Sky si assesta ai primissimi posti in tutta Europa).

Dei consensi, neanche a dirlo, è ancora prematuro parlare: "non si ha a che fare con un disco vissuto e sofferto, ma quello che esce dai solchi è la chiarezza di due leader che hanno una autorità illimitata nel giocare con le loro macchine…".

Sarebbe stato assai facile, per Woolfson e Parsons, giocando sul raggiunto traguardo commerciale, riscuotere piaggiosi consensi sui giornali patinati, e godere di quella popolarità che sorregge pseudo-artisti a vivere di rendita per un certo tempo. Non è questo l'intento del duo, che prosegue nel suo laboratorio di ricerca, quasi sorpreso dal riscontro positivo ottenuto. Il "Project" è pronto a fornire a noi tutti una ulteriore perla da aggiugere alla sua già ricca collezione.