Il 1984: Ammonia Avenue
tra ecologia e teologia

a cura di Dario Pompili

 

Poca critica, ma al solito pungente, accoglie questo settimo capolavoro parsoniano; il duo Woolfson/Parsons di nuovo conferma le velleità di aggiornarsi e offrire un album pulitissimo e nitido come sempre, ricco di emotività, se letto, come va fatto sempre nel caso delle opere del Project, oltre il solco del vinile.
La storia dell'album ha avuto alcune interpretazioni: con una copertina che si può vedere da tutti e quattro i lati, come a dimostrare che ci sono diversi punti di vista, tutti accettabili, il significato dell'album è di nuovo lasciato all'interpretazione arguta degli estimatori.

La chiave di lettura ecologica è forse semplicistica, perché immediatamente percepibile, e ciò ci porta a cercare qualcosa di recondito, da trovarsi nell' interpretazione comunque più accattivante, avanzata dalla corrente americana dei fan parsoniani, che è quella teologica, da me condivisa pienamente.
La chiave teologica trova giustificazione in un percorso verso la fede con la percezione per la prima volta (Prime Time) della vox cristiana a seguito dell'avverarsi di un evento insperato, chiamata contrastata dall'accavallarsi delle tentazioni notturne, fino alla chiave di volta, ovvero il percorso in bilico tra fede ed ateismo di Dancing On A Highwire, in cui echeggiano lo splendore della raffigurazione mariana a contrasto con l'uomo spavaldamente onnipotente e l'appariscenza della donna (due simbologie antiecclesiastiche), fino alla completa condivisione del progetto cristiano, con la rievocazione della costruzione della prima basilica di Pietro che innalza al cammino verso il paradiso (Ammonia Avenue). Ma veniamo alla critica, al solito stroncante:

"La musica è lieve ed accattivante, suonata con grande maestria e professionalità, pura e precisa dal punto di vista tecnico". Parsons è definito "topo di sala e consumato maestro. Nonostante i grandi pregi del lavoro resta profondo il dubbio che qualcosa in più si poteva fare…"[cosa?].
"Ammonia Avenue esce dal seminato" [quale?] . Il critico sottolinea la possibilità di una doppia lettura dell'album, da un lato la potenzialità di raggiungere una vasta gamma di ascoltatori, dall'altro quello di far notare qualità essenzialmente tecniche. La terza lettura dell'album, secondo me corretta, è una fusione di tutte e due le cose. Di sicuro Ammonia Avenue non è certo "un vinile da mettere su quando si parlotta tra amici"; la musica di background lasciamola agli altri.

Considerazione in dettaglio sull'album, fanno davvero capire quanto sia frettolosa la lettura del lavoro del Project: "In Ammonia Avenue Parsons scopre il Fairlight, [errato, già utilizzato in Eye In The Sky] ...Prime Time apre in sordina evidenziando la chitarra in stile di quindici anni fa". Se penso che quindici anni prima l'uomo non aveva ancora raggiunto la luna e il concetto di rock progressive non esisteva ancora, c'è da rabbrividire… Nessuna pietà per Let Me Go Home, etichettata come "electrometal americano", non capendo che l'interpretazione di Zakatek davvero superba deve invece evidenziare la drammaticità del testo; One Good Reason, viene riabilitata come brano in cui si miscelano "arpeggi di chitarra e piano chiari e profondi". "Struggente lentaccio" Since The Last Goodbye, una gemma di Rainbow . Don't Answer Me viene rivalutata solo in quanto ricorda un attacco beatlesiano.

Dancing On A Highwire etichettata come già sentita e scontata, al pari di You Don't Believe. Elogi (finalmente) per Pipeline tranne che per l'uso del sax. Al solito la fretta di chiudere un articolo non fa scorgere la purezza di questa strumentale, che definirei una versione della ineguagliabile Mammagamma in chiave avvolgente e fascinosa; davvero geniale la possibilità di poter realizzare una traccia strumentale così coinvolgente dopo Mammagamma: vorrei dire che solo Parsons poteva superare se stesso.
E mentre il duo riceveva il disco d'oro e volava nelle chart europee (primo in classifica per oltre 20 settimane in Olanda, e, fortunatamente, un ottimo successo anche in Italia, nonostante i critici detrattori), da noi si arrivano a leggere affermazioni sacrileghe quali "Parsons, instancabile produttore di musichina beata ed orecchiabile, soffice e vuota" !
Vorrei aggiungere, visto che qui si arresta fortunatamente la penna dei critici, che il viaggio di Parsons dall'altra parte del vetro si arricchisce per la prima volta di simbolismo metaforico; il laboratorio chimico è la rappresentazione di qualcosa d'altro; l'etichetta "Project" legata ad Alan Parsons, usata ed abusata da mille riferimenti musicali, televisivi, cinematografici e molto altro, designa un percorso formativo; il Project è lo studio per realizzare un'opera che ha tutt'altro che finalità esclusivamente commerciali, ma designa qualcosa in cui credere e far credere chi sa ascoltare sul serio la musica: mai contenuti su piatti dorati, ma il mago del suono anche qui cerca di condurre l'ascoltatore a forzare la porta della fantasia ispirandosi alle copertine dei dischi. Fosse stato il simbolismo l'unico pregio del Project, già meriterebbe di essere ricordato per sempre.