Cinematic Rock

(dicembre 1982)

 

Alan Parsons scoprì che anche la tecnologia può essere creativa ascoltando "Dark Side Of The Moon" dei Pink Floyd. (Era qualcosa che non aveva precedenti, più di un comune progresso nel campo della tecnica d'incisione), ricorda il musicista. Fu proprio Parsons che curò i mixaggi di quello storico album e, da allora, i suoi progetti si realizzano uno dopo l'altro.

Progetto cosa? Alan Parsons Project signore. Parsons, Parsons. Mmm.... Oh no, Signore Questo è il tizio che ha realizzato Dark Side Of The Moon... Ah, uno dei Pink Floyd! Veramente no, come tecnico del suono ne ha curato incisione e ha collaborato con i Beatles alla fine degli anni '60 e più tardi con McCartney; in seguito ha prodotto gli Hollies, John Miles (Music) Al Stewart (Year Of The Cat,Time Passages) e altri ancora. Capisco. E quell'altro barbuto laggiù?.... Eric Woolfson, signore: paroliere, autore, uomo d'affari, pensatore a briglia sciolta. Socio al 50% del Project. OK, fateli passare.

GH: "Alan, qual'è la tua formazione musicale e come hai sviluppato la tua passione per l'elettronica?"


AP: "Vengo da una famiglia di musicisti e fin da piccolo i miei genitori avevano voluto che io studiassi pianoforte (cosa che ho fatto sino all'età di tredici anni) e flauto, ma non mi interessava molto. Passai poi alla chitarra e finalmente mi parve che valesse la pena d'applicarmi davvero allo strumento. Tecnologia e elettronica mi hanno appassionato sin da piccolo. A nove-dieci anni, già costruivo ogni sorta di diavolerie e avevo addirittura un mio sistema telefonico privato in ogni stanza! Il mio primo impiego, terminati gli studi, fu proprio di carattere tecnico, alla EMI di Hayes. In seguito mi venne in mente di fondere la mia passione per la tecnologia con quella per la musica. Esordii allora come tecnico del suono."

GH: "Quando capisti che anche la tecnologia avrebbe potuto essere creativa"?


AP: Lo capii mentre registravamo Dark Side Of The Moon coi Pink Floyd: era qualcosa davvero senza precedenti, più di un comune progresso nel campo della tecnica d'incisione. Arrivammo a far diventare lo studio di registrazione parte del processo compositivo, parte della stessa musica, piuttosto che il contrario. I Floyd avevano suonato per mesi il materiale del disco in concerto e sì trattava ora di manipolarlo, esaltarlo e trasformarlo con nastri, effetti, loops e sintetizzatori. Fu quindi lo studio ad essere al servizio della musica, non il contrario."

GH: "Quale fu il tuo contributo reale a quel disco?"

AP: "Bèh, il più delle volte essi non erano nemmeno presenti e mi trovavo cosi nella posizione di poter sperimentare le mie idee su quanto era stato già inciso. Credo di avere un grande talento per questo: prendere qualcosa che già esiste su nastro e modificarlo, ricreandone l'atmosfera solo con un mixer e un registratore. Non ho mai suggerito a nessuno di loro di fare "questo" o "quello", non ero io il produttore, ma mi era consentito di prendere i nastri e trasformarli in base al mio gusto e alle mie capacità. Fu la mancanza di gratitudine da parte dei Floyd a spingermi a reaIizzare un album di cui fossi completamente responsabile."

GH: "Dunque quel disco segnò l'avvento nel tecnico-produttore?"


AP: "Esatto. All'epoca (eravamo attorno al '72, mi pare) c'erano ben pochi "produttori". George Martin (Beatles) era uno di questi. Phil Spector fu un altro. Ma gli altri continuavano a essere per lo più direttori artistici, incaricati di scegliere tutt' al più il repertorio dei dischi, veri e propri "talent scouts" che, mentre l'artista era in sala a registrare, preferivano piuttosto infilarsi nel pub dietro l'angolo a sbevazzare. Fu allora che il tecnico del suono divenne sempre piu' coinvolto nella dinamica creativa della musica. I musicisti se ne accorsero presto e tutto cambiò: arrivarono così i Glyn Johns, gli Eddie Offord, gli Eddie Kramer, i Jimmy Iovine. Vedi, Martin aveva certe sue idee, ma era sempre aperto al dialogo con l'artista: era quindi in grado di trasformare un'idea discreta in una trovata sensazionale. Questo è quello che io definisco un produttore".

GH: "Cosa pensi allora del numero sempre crescente di artisti che preferiscono autoprodursi?"


AP: "Non capiscono che puoi essere il migliore autore al mondo e lo stesso venirtene fuori con un prodotto scadente. Troppi gruppi oggi sono talmente consci dell'aspetto tecnologico da pensare di non poter fare a meno di un produttore. Ma quello di cui hanno bisogno è un altro paio d'orecchie, qualcuno che "dall'esterno" li aiuti a mettere a fuoco la musica. Ci sono voluti degli anni, ma i Pink Floyd l'hanno dovuto finalmente ammettere: per "The Wall" hanno chiamato Bob Ezrin."

EW: "Si arriva addirittura alla farsa di artisti come McCartney, che tentano di incidere da sè i propri dischi. Con quel suo album "casalingo", Paul ha rovinato del materiale eccellente. Nessuno può far tutto da sè: non puoi trovarti fisicamente da entrambe le parti, in studio e in regia. Hai bisogno di collaborare con altri, di trarre profitto dalle loro reazioni."


AP: "Lungi da me voler criticare gente come Frank Zappa o Todd Rundgren, ma credo che stiano perdendo qualcosa di molto importante."


GH: "Com'è nato dunque il Project e, in particolare, l'idea di un album basato sui racconti di E.A. Poe (Tales Of Mystery and Imagination)?"


EW: "Ci presentammo alla 20th Century Fox con la sola idea di quell'album. Avevo notato che tutti i films basati sui racconti di Poe avevano riscosso grande successo e cosi pensai che forse un disco non sarebbe stato da meno. Firmammo il contratto, scrivemmo testi e musica e in capo a un anno il disco uscì. Doveva essere un progetto isolato, ma il successo e la creazione di un nostro "medium" ci incoraggiarono a proseguire."


GH: "Come vi siete incontrati e qual'e la divisione dei compiti nell'ambito del Project ?"


EW: "Ci incontrammo negli studi di Abbey Road quando Alan stava lavorando coi Floyd su "Dark Side Of The Moon". Io avevo già lavorato presso l'ufficio dei Rolling Stones, avevo organizzato sessions con Jimmy Page e John Paul Jones, e coi 10cc prima ancora che firmassero con la Decca; il tutto senza alcun successo. Quando Alan ebbe alcuni problemi d'affari, mollai la produzione per fargli da manager. In seguito ripresi a scrivere e gli proposi di realizzare l'Alan Parsons Project."


AP: "Capii subito che Eric era un uomo d'affari. La prima volta che l'incontrai, doveva suonare una parte di sintetizzatore su un disco che stavo registrando, e continuava a dirmi: "Sono sicuro che questa parte non ti piace, figuriamoci quest'altra idea che mi è venuta per i cori.., e nel frattempo se ne scappava di sopra a ritirare assegni (ride) all' ufficio cassa. Pensai allora, "Oh, questo tipo sa come succhiare soldi a una casa discografica... Poiché non riuscivo a far scucire una lira alla EMI, lo chiamai in aiuto e dopo tre giorni mi sventolò sotto il naso questo pezzo di carta: un assegno!. Per quel che riguarda la divisione del compiti, Eric scrive tutti i testi e gran parte della musica. Molte delle idee riguardo al primo album furono sue."


GH: "Cosa rispondete alla critica di ambiguità che viene spesso rivolta alla vostra musica?"


EW: "Bè, è vero. Io cerco di rendere ogni cosa ambigua, dai testi alla musica. Noi consideriamo il Project come un punto d'osservazione: tentiamo di offrire tutte le mille sfaccettature di una certa situazione, senza salire in cattedra però. Non ci interessa pontificare o forzare opinioni attraverso i nostri dischi. Per quel che riguarda la musica, se fosse vero che il nostro intento/fine è quello di produrre mood music, musica d'atmosfera, allora sforneremmo un album al giorno. Vogliamo scrivere canzoni e per questo ci vuole molta disciplina. Altri che operano nello stesso settore (Tomita, Jean-Michel Jarre, Sky, Mike Oldfield) non ne hanno affatto."


GH: "Alan, quali idee hai potuto sviscerare col Project?"


AP: "Idee tecniche e musicali, come la sovrapposizione di diverse parti strumentali a velocità differenti (una tecnica affermatasi in seguito con l'avvento dell' harmonizer) e il Binal System, da noi preso in considerazione dopo il fallimento della Quadrifonia. Considerando che gli esseri umani sono dotati di due orecchi e non quattro, adottammo questo sistema di suono "avvolgente", molto realistico, realizzabile con due soli altoparlanti. Riguardo alla produzione vera e propria, ho potuto finalmente accantonare certa "diplomazia" nei riguardi dei musicisti. OK, puoi definire la nostra musica narcisistica, ambigua, autoindulgente, ma il suo successo non ci ha spinto ad alcun ripensamento. Tales Of Mystery And Imagination è la realizzazione perfetta delle nostre idee. Vederlo in cima alle classifiche fu un'enorme soddisfazione per tutti e due."


GH: "Siete sempre stati consapevoli delle qualità visuali della vostra musica?"


EW: "Fu un DJ americano che definì la nostra musica "rock cinematico" ed è vero, abbiamo girato films senza immagini e questo è il gran merito di Alan. E per questo motivo che è cosi difficile adattare immagini alla nostra musica. Stiamo comunque svolgendo ricerche su immagini che ben si fondino con essa."

GH: "Esistono testimonianze oppure opere - visuali, films, quadri, fotografie, luoghi - che hanno influenzato o ispirato qualcuno dei vostri dischi?"


EW: "Ho sempre saputo che Paul McCartney ha scritto "The Fool On The Hill" dopo aver visto la statua del Cristo a Rio. Mi piacerebbe trarre ispirazione dallo stesso genere di cose, ma non vedo come sarebbe possibile. E tu Alan?"


AP: "Oh si, ad esempio l'introduzione di Pyramid: mi immaginai un deserto e quest'oggetto solitario, abbandonato."


EW: "Ma tu non hai mai visto una piramide in realtà: si tratta soltanto di un'immagine mentale."


AP: "Beh, puoi trarre ispirazione anche da una fotografia. L'inizio di Pyramid rappresenta per me il silenzio millenario, la quiete solenne, di una piramide. Un altro esempio potrebbe essere Nucleus, dove mi ispirai ad una sequenza specifica di Metropolis, il film dl Fritz Lang, ma è difficile dire come si arriva a tradurre in musica una certa immagine mentale o fisica. Io so che se riesco a manipolare la gente che chiamo a creare l'atmosfera che sto ricercando, allora avrò raggiunto il mio obiettivo."


GH: "Per tutte le copertine dei vostri dischi vi siete rivolti a Hipgnosis, lo stesso celebre "Studio" dei Floyd e di tanti altri. Vi hanno aiutati a "visualizzare" la musica di ciascun album ?"


AP: "No, le copertine son sempre state l'ultima cosa. A dir il vero, la veste grafica mi ha sempre deluso perché non credo che rispecchi adeguatamente il contenuto musicale. Pyramid doveva recare soltanto la foto di una piramide ma sarebbe stato troppo ovvio. Credo che le copertine migliori siano ancora quelle dei primi due albums. Spero in futuro di riuscire a esprimere meglio le mie idee visuali attraverso il video."


GH: "Come?"


AP: "In particolare sto studiando un nuovo mezzo che non è vè video nè film, bensi è costituito da immagini fisse. Quello che si risparmia in studi e cameramen, lo si spende in materiale: circa 4.000 diapositive per soli due minuti di musica il tutto programmato da un computer che ti consente di fare qualunque cosa, conservando sempre la qualità astratta di un film. Non è un'idea originalissima, ma dà dei risultati incredibili."


GH: "I tuoi gusti e riferimenti musicali sembrano avere radici saldamente piantate negli anni '60. Eppure la tua musica è proiettata nel futuro. Cosa ne pensi?"


AP: "Mi sembra corretta come osservazione. La musica degli anni '60, i Beatles, fanno parte della mia educazione mentre gli anni '70, con l'avvento della disco music e del punk, mi lasciano piuttosto indifferente. Non che io non apprezzi gruppi come gli Yes e i Weather Report, ma mi piace la semplicità, voglio che la mia musica sia semplice. Solo la tecnologia, non il virtuosismo, finisce per renderla complessa ed è cosi che concepisco la nostra musica: musicalmente semplice e tecnologicamente complessa. Sai, è la prima volta che mi si suggerisce che le mie radici siano negli anni '60; ed è esatto."


GH: "Ricevi richieste come produttore?"


AP: "Parecchie ma nulla che mi entusiasmi al punto da accettare. Da quando il Project ha decollato, mi sento talmente appagato da non avere bisogno di nessun'altra collaborazione. E per questo che, dopo tre album di grande successo, ho smesso di lavorare con Al Stewart. E' un gran musicista, siamo molto amici, ma se avessi fatto un solo altro disco con lui, sarei stato una comparsa, non un elemento creativo. Mi sarebbe piaciuto produrre gli Who, gli ELO, i Police, i vecchi Beatles, "scoprendoli" addirittura. Purtroppo tutte le richieste mi arrivano da artisti già affermati. Sai, avrei potuto produrre io "Breakfast in America", ma l'avrei realizzato in tutt'altro modo. E difficile a dirsi."


GH: "Alan, le cinque registrazioni fondamentali di tutti i tempi?"


AP: "Mmmm... "You've Lost That Lovin' Feelin'" dei Righteous Brothers... "Won't I Get Fooled Again" degli Who... "Penny Lane" dei Beatles... il "Prelude d'Un Aprés Midi d'un Faune" di Debussy... "Papa Was A Rolling Stone" dei Temptations."


GH: "Un solo brano americano su cinque?"


AP: "Tendo ad apprezzare di più la musica inglese malgrado sia stata quella americana, in particolare quella nera, a influenzare parecchio quella inglese. Per me, i Temptations rimangono il massimo nell'ambito della musica nera, almeno per quel che riguarda gli anni '70: basti ascoltare la tecnica e il feeling che seppero proiettare in quel disco, probabilmente il primo "classico" di disco music."


GH: "Il bene e il male dell'esperienza coi Beatles e coi Floyd?"


AP: "Il tragico coi Beatles fu che arrivai in ritardo. L'unico che riuscii a conoscere vagamente fu Paul. Quanto avrei voluto esser lì in studio con loro mentre incidevano "Sgt Pepper"! Credo proprio d'aver perso un treno, "Abbey Road" e "Let It Be": bèh, lo sai meglio di me: non erano più i Beatles!
I Floyd... ti parrà buffo, ma non riuscii proprio a capire i loro primi due dischi, sai, tutto il trip psichedelico. All'epoca eran solo effetti sonori, soltanto più tardi hanno acquisito una certa consistenza musicale. E molto difficile giudicare i Floyd in termini di produzione perché è questo che loro rappresentano: lo zenit del processo di realizzazione e produzione di un disco. Questo è parte della loro musica quanto è parte della nostra. Posso solo dire che "Wish You Where Here" e "Animals" non furono al loro solito livello, mentre "The Wall" è un disco esemplare. Chi si è perso lo spettacolo ha mancato uno dei più grandi avvenimenti degli anni '80. Sono felice d'aver avuto ruolo cosi importante nella creazione del loro capolavoro. Senza Dark Side Of The Moon sono sicuro che oggi non esisterebbe nessun Alan Parsons Project"