The Excalibur Project

Autori vari - introduzione e raccolta commenti di Francesco Ferrua 

 

Il fantastico album "The Excalibur Project" è stato il perno musicale attorno al quale si è sviluppato il meeting Parsons Day 8, tenutosi a Stienta (Rovigo) nell'Agosto 2002. E l'ascolto dell'album è stato grandioso non solo per le qualità del prodotto in sé, ma anche perchè si è trattato di una prelibata anteprima mondiale dal momento che quasi un anno e mezzo sarebbe trascorso prima della pubblicazioni ufficiale.

Inutile dire che i nostri commenti, estremamente positivi, sono scaturiti spontaneamente già durante il primo ascolto, e sono maturati con ascolti successivi. Con la presente pagina vogliamo rendervi partecipi di tutto il nostro grande entusiasmo a riguardo dell'opera di Michael Ernst, nonché fornire alcuni dettagli per fare un po' di chiarezza sulle vicende legate all'album ed al coinvolgimento di Alan. La pagina è strutturata a paragrafi ...andate direttamente a quello che più vi interessa cliccando sui seguenti titoli:

DETTAGLI SULL'ALBUM

COMMENTI A CALDO

TRACK BY TRACK

COMMENTI ULTERIORI

 

DETTAGLI SULL'ALBUM

Per più di 10 anni Alan Parsons è stato impegnato saltuariamente nel ruolo di co-produttore ed ingegnere del suono per le lavorazioni su un progetto musicale del suo amico austriaco Michael Ernst. Ernst, che negli anni '80 pubblicò un paio di brani di successo in Austria sotto il nome artistico di Mike Merlin, ha infatti scritto The Excalibur Project, un album interamente ispirato alla leggenda di Re Artù, le cui lavorazioni si sono protratte nel tempo dal 1990 circa fino al 2001. In questo progetto è anche coinvolto Chris Thompson in veste non solo di cantante per circa metà delle canzoni (le restanti sono affidate alla voce dello stesso Ernst), ma anche di co-autore. Parsons è anche stato consigliere sui molti altri aspetti inerenti le lavorazioni, nonché scrittore della musica (per lo più effetti sonori) per la traccia d'apertura The King Of Swords.

L'album è composto da 13 brani. Nella tabella a seguire sono riportati i titoli, l'autore dei testi, delle musiche e la durata.

BRANO

TESTI DI

MUSICA DI

DURATA

The King Of Swords

Alan Parsons

Ernst

1:09

Excalibur

Chris Thompson

Ernst

3:16

Magic

Ernst, Thompson, Richard Sutcliffe

Ernst, Bertl

4:21

A Long Long Time Ago

Ernst

Ernst

4:08

Back Again

Ernst, Thompson

Ernst, Bertl

3:48

Stop

Thompson, Sutcliffe

Ernst, Bertl

4:09

On The Run

Ernst, Thompson

Ernst

4:11

Now Its Up To You

Thompson, Sutcliffe

Ernst, Bertl

4:19

Goodbye

Thompson

Ernst

3:53

People Shall Be Free

Ernst, Thompson

Ernst, Bertl

3:57

Time To Change

Ernst, Thompson, Sutcliffe

Ernst

4:08

Part Of Me, Part Of You

Ernst, Thompson

Ernst

4:36

Every Dream Will Have Its Day

Ernst, Thompson, Sutcliffe

Ernst

3:25

 

L'intero progetto è stato co-prodotto da Johnny Bertl e finanziato da Ronnie Seunig, il quale ha un locale sul confine tra Austria e Repubblica Ceca chiamato Excalibur City, un grande emporio duty-free, e vede l'operazione come un buon veicolo promozionale.

Dopo lunghi ritardi e continui rinvii, l'album è definitivamente atteso per la primavera del 2003, anche se inizialmente soltanto in Germania, Austria e Svizzera. Il ritardo è dovuto alle ingenti lavorazioni su un progetto parallelo intitolato Excalibur - King Arthur In Love, il musical ispirato all'album. Sì, perchè mentre il disco prendeva forma è nata l'idea di trasformarlo in una rappresentazione teatrale diretta da Elmar Ottenthal, lo stesso che lavorò con Eric Woolfson per Freudiana, Gaudì e Gambler. Lo spettacolo avrebbe già dovuto alzare il sipario nel marzo 2002 presso il Theater Des Westens di Berlino, ma purtroppo anche questo progetto, che inoltre vedrà il probabile coinvolgimento di Alan Parsons in qualità di tecnico del suono, è stato posticipato al 2003. Sempre per il 2003, in estate, è prevista la realizzazione di un live concept legato all'album che consisterà in uno spettacolo con maxischermi e lasershow accompagnato dalle musiche dell'album (proprio quelle su cui ha lavorato Parsons, non quelle nella versione per il teatro). Infatti, non avrà nulla a che fare con il musical, e suo unico scopo sarà quello di promuovere l'album. Si prevede che lo spettacolo possa essere itinerante e non è da escludere che possa toccare anche l'Italia.

Nell'attesa che il musical alzi il sipario (è intenzione di Ernst realizzare anche il relativo Cast Disc) e che arrivi l'estate del 2003, nella speranza che l'album di studio sia pubblicato presto anche in Italia, non ci resta che acquistarne una copia di importazione.

Il sito di Michael Ernst (purtroppo soltanto in lingua tedesca) è raggiungibile all'indirizzo http://www.michaelernst.at.tt

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COMMENTI A CALDO

Grazie ai portentosi mezzi di Greg abbiamo potuto registrare in diretta i commenti a caldo scaturiti durante il primo ascolto dell'album. Di seguito trovate la trascrizione di alcune di queste nostre critiche, pazientemente raccolte da Greg. La lettera all'inizio di ogni frase indica chi ha espresso quel pensiero (D per Dario, E per Enrico, F per Francesco, G per Gregorio, L per Lorenzo, S per Stefano, T per tutti), mentre le scritte in corsivo sono note aggiunte per farvi comprendere meglio in quale contesto è stato espresso un particolare commento.

L'ASCOLTO E' GIA' INIZIATO ED IN SOTTOFONDO C'E' ORA "BACK AGAIN"
F: (riferendosi all'effetto sonoro che unisce Back Again con Stop, effetto che ricorda i Pink Floyd) E' come Wish You Where Here al contrario… che diventa… in ambiente.
L: Ha giocato con i suoni.

INIZIA "STOP"
F: All'inizio sembrano gli Enigma… anche perché dopo entra la batteria.
S: L'ha fatto per il mercato tedesco.
D: (riferendosi al fatto che l'inizio del brano ricorda Ladyhawke) E' il pezzo in cui il Topo sta nella cattedrale, nella fogna.
S: In fondo riprende un po' quello che è suo. Michael Cretu aveva un po' rubacchiato qua e là nelle rimembranze.
L: Io ho un'intervista dove nominava Alan come un maestro...
S: E' vero. Però è bravo perché fa pure i ricorsi storici.
D: (riferendosi sempre al parallelo con Ladyhawke) La fuga…
F: (durante i cori nelle seconda parte) Però sa di Freudiana.
D: Sì, Freudiana… Incredibile!!!

FINISCE "STOP"
F: Che silenzio che c'è, fa paura!
D: (applaudendo) Grandioso!!!
F: (riferendosi a On The Run che sta per iniziare) Questa ti porta via il cuore. E' un Old And Wise… sa di Chris De Burg.
S: (riepilogando per un paio di persone assentatesi un attimo) Il buon Enrico diceva: "Ma quanta roba gli ha messo dentro?", giustamente, e io gli risposi… "tanta!" e lui mi disse: "e in Time Machine?" e io gli risposi "poca!"
E: In Time Machine c'è quasi il vuoto.
F: Time Machine l'ha fatto, magari, anche di corsa. Qui in 10 anni ha potuto risentirselo duemila volte.
E: Time Machine l'aveva fatto su scadenza, doveva essere fatto per forza...
D: Entro la fine del millennio.
S: (riferendosi sempre alle canzoni di The Time Machine) Alcune sono fatte molto molto bene, altre sembra di…
F: E poi anche il materiale di partenza… qua sono pezzi, sono composizioni, che secondo me sono ottimi già di per sé.
D: Tra l'altro come lead vocal c'è normalmente Chris Thompson, però non ti stanca… perché di solito… invece ognuno ha una carica diversa.
F: Davvero! Lì in quel pezzo è doppato!
S: (riferendosi ai filtri applicati alla voce) Quasi mi dispiace che su Excalibur, la traccia, l'hanno un po' deformata. La voce su Excalibur è di Thompson?
F: Penso che sia in parte e in parte.
S: Perché è tutta molto vocoderizzata?
D: Incredibile, comunque, una carica.

FINISCE "ON THE RUN", FACCIAMO UN PO' DI PAUSA, POI SI CONTINUA FINO ALLA FINE DELL'ALBUM
F: Secondo me, fino a qui è unitario, concept paura (espressione per dire che il concept è potentissimo e molto presente), 'sta qui ancora, da dopo comincia a diventare un po'…
D: Ah, scusate, stiamo commentando, giustamente per la cronaca, allora oggi è il 10 agosto 2002...
F: (Scherzando) Anteprima mondiale… Ci sarà Aart Nienhuis che si roderà il fegato.
T: Ha ha ha!
S: E tutto nella legalità, fra l'altro.
D: Io ho la sensazione, sentendo questo disco molto alla Tales… molto cinematografico, rock cinematico...
F: Immagino che avrà un bel libretto...
S: Sì.
F: Me lo immagino così, appunto, nero. Non vorrei condizionarvi, sono contento di sapere voi cosa ne pensate… secondo me c'è ancora una canzone e poi ce n'è una di transito e poi dopo comincia ad esserci un'atmosfera… sempre bella però…
L: Ricchissimo di suoni!
F: La cosa fica secondo me... è un album che lo puoi ascoltare senza farci tanto caso e ti piace perché, comunque sia, è molto moderno, ha molta ritmica, oppure con le cuffie, lo senti bene e senti tutti gli strati e lo può sentire sia uno come noi che ascolta i dettagli che uno così… quindi potrebbe avere successo commerciale.
L: Ci sono alcune tracce che se fossero lanciate bene… ricchissimo di suoni, ha dei suoni che secondo me… ha un'orchestra diversa rispetto a questa…
G: Il bello del Project è che aveva l'orchestra…
D: Mi devo ricredere su Time Machine completamente…
E: …se questo è il prodotto successivo!
F: Successivo e contemporaneo, è quello lì il fatto... che dici "se mentre ha fatto questo qui ha fatto The Time Machine, mentre finiva sto qui"...

SI RICOMINCIA L'ASCOLTO E IN SOTTOFONDO C'E' NUOVAMENTE "THE KING OF SWORDS"
F: Allora, che ne dite dopo il primo ascolto integrale?
D: E' stata una buona esperienza, sicuramente ci ha avantaggiato la strumentazione.
F: Sì, quello sì.
D: Ce lo ha fatto gustare nella sua completezza… quindi armoniosa... Comunque condivido l'opinione di Francesco, c'è uno stacco, forse una parte è dedicata al lancio commerciale...
F: Secondo me la seconda parte è forse più leggera, va benissimo per un musical, probabilmente... è troppo in contrasto con la prima parte, non è che dico che non è bella, però è in contrasto... lo senti e dici, "ma come, fin qui era… e poi dopo è..."
D: Forse per dare l'idea della leggerezza dopo… che ne so… della sofferenza del protagonista.
F: Notavo anche i testi… a parte il fatto che parte ad essere centrato su Excalibur e ambientato come nel passato, e piano piano arriva a parlare di oggi nei giorni nostri, anche dei problemi. Quindi magari un'evoluzione...
S: Tu che hai letto i testi, ma la lotta fra il bene e il male in quali pezzi avverrebbe?
F: Tra il bene e il male? Mah, non so se c'è perché è tutto incentrato su te stesso, la forza, per poter estrarre la tua spada nella roccia.
D: Mi sembra di capire che c'è un contrasto anche per il lato dell'amore…
F: Sì.
D: C'è la rinuncia, per cui c'è l'addio della persona... poi alla fine c'è People Shall Be Free. Forse libera da un maleficio una comunità di persone…
S: Il musical?
F: Il musical è Excalibur - King Arthur In Love, quindi parla della storia di lui che era innamorato e che poi se l'è presa in quel posto e...
E: Ah Ah Ah!
F: Secondo me la cosa fica è che ha tantissimi elementi della musica anni '70 e '80 di Alan e del Project… eppure è modernissima!
S: Secondo me c'è tutto… Turn Of A Friendly Card, c'è Ladyhawke, ci sono i punti di forza, ci sono dei punti dove gli strumenti moderni si fondono con l'orchestra che sembrano Silence And I, Ammonia Avenue… uguale.
F: Un po' simile alla fine di Tales nelle parti tra la narrazione e il temporale...
S: Sì, tutte le finezze possibili ed immaginabili dei tempi del Project, ci sono tutte. Se Time Machine fosse stato curato così, sarebbe stato un capolavoro!
G: E' una potenza Excalibur!
S: E' un disco eccezionale, ingegnerizzato da Dio!
F: Sì, ha un suono che… (inspira)
E: Qui si è messo d'impegno.
L: E' tornato a giocare con i suoni.
S: Oppure, Michael Ernst ha imparato qualcosa da Alan con o senza di lui.
F: Onestamente, non possiamo dare tutto il merito ad Alan, avrà il suo merito, ma credo che anche Ernst...
S: Bisognerebbe ascoltare qualcosa fatto da lui.
F: Eh, ma cambia genere, adesso sta facendo un disco di blues… una cosa simile, un po' commerciale, un po' poliedrico.
S: Ripeto che Chris Thompson ha una voce…
E: (scherzando) Con la Q maiuscola!
D: Può anche darsi che la parte di composizione di Alan sia soltanto la prima, ipotesi, però Michael Ernst gli ha lasciato fare…
S: Avrà fatto comunque qualcosa, è questo il dubbio, come composizioni... come l'ha scritta.
F: Sì, quell'effetto di suoni…
S: Avrà detto scrivimi...
E: Avrà detto "e che cosa scrivo?"
S: Non vedo l'ora che esca il libretto per vedere chi ha fatto cosa.
D: Chris Thompson dà una carica a qualunque brano.
L: (riferendosi al sito di Ernst) Anche sul suo sito… non è che un produttore abbia tutto questo spazio… ha un gran spazio Alan.
S: Vuol dire che ha fatto.
F: E' incredibile credere come siano canzoni nate a distanza di sette anni una dall'altra… secondo me le hanno composte tutte all'inizio poi le hanno riarrangiate…
D: Alan, nel frattempo, ha fatto diversi altre cose, se il tempo è tutto questo… tre album nel frattempo.
F: Si sono conosciuti e hanno iniziato a parlarne nel '90.
D: Comunque… è un buon prodotto.
F: Io l'ho già sentito una trentina di volte e non mi stufa.
D: Per il ruolo che deve fare Alan questo è un ottimo prodotto.
S: Questo è il bello, molto più curato, sinfonico, del Symphonic Of Yes …
F: E'diverso, è tanto diverso.
S: Sì è diverso, sono d'accordo, ma, onestamente, qui si apprezza ogni nota, l'impianto è ottimo e ti aiuta tanto, ma veramente, è pulito, è pulitissimo, è bilanciatissimo, ingegnerizzato con mano felicissima.
L: Se non sbaglio su Symphonic Of Yes ha lavorato tre giorni…
F: Eh sì, perché lui ha fatto soltanto la parte orchestrale…
L: Tre giorni di registrazione orchestra... toccata e fuga.
D: Se questo Michael Ernst ha un buon ritorno, potrebbe lanciare un paio di hit.
S: Mah, secondo me ci sono almeno due pezzi che possono reggere.
F: Secondo me… se esce come singolo (riferendosi a Back Again)... già una partenza così! L'orchestra sulla batteria.
S: Ecco, l'orchestra sulla batteria, per sempio, così bene la sanno fare in pochi. Diciamo che la parola project ci sta tutta!
E: Non proprio project project, però…
S: Però, c'è un però... se il disco ha come credit Michael Ernst, non lancia uno dei singoli con la voce di Chris Thompson.
S: (riferendosi al titolo dell'album e alla possibilità che il nome di Alan figuri in copertina) Però nei paesi di madre lingua tedesca "project" appena esce vende, si ristampano la copertina con altri colori però vende… figurati, feturing Alan Parsons, si spera.
F: Però, come ce ne siamo accorti noi che nella seconda parte c'è un cambiamento, se ne saranno accorti pure loro. Forse vuol dire che c'è un significato…
D: Potrebbe anche essere che la prima parte è molto Alaniana, la seconda parte meno.
S: Può essere successo di tutto perché in dieci anni…

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TRACK BY TRACK

Dopo successivi ascolti, ognuno di noi ha scritto un commento maggiormente dettagliato su un paio di brani, estratti a sorte. Ecco i nostri pareri:

The King Of Swords. Come è nella tradizione degli ultimi lavori parsoniani (anche se qui Alan non è che abbia influito molto nella scrittura vera e propria dei brani), anche The Excalibur Project inizia (e finisce) con un'introduzione vera e propria, che porta l'ascoltatore ad interpretare al meglio l'intero lavoro, che fornisce un filo conduttore a tutti i brani dell'album. The King of Swords è, fra l'altro, l'unico pezzo di Excalibur che porta la firma in calce di Alan. Ed è di estrema semplicità, essendo costruito su tre singoli elementi sonori che si intrecciano ed interagiscono fra di loro: un flauto (probabilmente suonato dallo stesso Parsons), una voce narrante ed una serie di effetti sonori tipici del lavoro di un fabbro (forgia, incudine, martello…). Il tutto sapientemente miscelato. La voce narrante apre raccontando di Excalibur, della leggenda della spada nella roccia. Che in fondo non è altro che un pretesto: la spada nella roccia, Excalibur, è contenuta in ognuno di noi. Ed è la nostra forza interiore, la nostra volontà, i nostri desideri, la nostra personalità. Tutto l'album non è altro che un invito ad estrarre la nostra personalissima "spada nella roccia", a tirar fuori quello che abbiamo dentro. (Enrico Contini)

Excalibur. La spada è sguainata. Potente ed aggressiva parte la title track. Che si canti di vendetta e di guerra, di amore e libertà. In pochi istanti i cantastorie Ernst e Thompson ci trascinano indietro di secoli, in un inno alla leggenda della spada sacra, invitandoci a raccoglierla, insieme al guanto della sfida. L'atmosfera è coinvolgente, un misto di rock e medievale, perfettamente azzeccata. Chiudendo gli occhi sembra di trovarsi nell'affollata piazza dove la leggenda sta prendendo forma. Il tocco di Alan Parsons è immediatamente riconoscibile: l’uso di una elegante partitura orchestrale di sottofondo perfettamente bilanciata con dei cori a rinforzo della melodia di base, l’estrema pulizia dell’engineering (come forse non si sentiva fin dai tempi di Try Anything Once), gli effetti sonori di contorno tra cui spicca una percussione che rimanda ad un fabbro che batte sull'incudine, la voce di un vocalist riconoscibile come Chris Thompson, il vocoder… per non parlare del fatto che la canzone segue immediatamante una strumentale come in Eye In The Sky e Freudiana… c’è altro da aggiungere? Ah, sì, naturalmente… il brano è fantastico. (Stefano Viezzoli)

Magic. Mai un titolo di una canzone ha saputo descrivere così bene le sue sonorità. Certo perchè, soprattutto l'atmosfera introduttiva della traccia con utilizzo di un'orchestra è realmente magica, capace di far chiudere gli occhi e sognare anche alla persona più insensibile. Il ritmo creato nella parte cantata non è meno evocativo della sua introduzione con un sottofondo orchestrale e una batteria elettronica che non avrei mai pensato potessero convivere così amichevolmente e poi la voce, quella che noi conosciamo del "Magic" Thompson che duetta magicamente con mistiche parole sussurate. Se proprio volessimo trovarne qualche critica potremmo dire che il ritornello, molto dinamico, che utilizza accanto all'ugula del "Magico" un coro femminile, sembra essere molto "da classifica", ma è una semplice questione di gusti e per i miei personali tale passaggio permette ancor di più di evidenziare la "Magia" evocativa creata dalle note appena precedenti. (Lorenzo Zencher)

A Long Long Time Ago. Un drastico cambio di ritmo introduce la prima ballad del disco. Pianoforte ed orchestra accolgono la voce di Michael Ernst, che, libera da deformazioni elettroniche (salvo un suggestivo eco), ci invita a guardare indietro, verso i giorni di un passato più felice, a cercare dentro di noi la forza necessaria ad affrontare le difficili sfide e le paure che ci attendono appena dietro l’angolo. Un crescendo sottolineato dalla splendida partitura orchestrale, che cresce insieme alla voce e si impone decisamente nella seconda metà del brano, in una commistione tipicamente “alla Parsons” che ricorda molto da vicino le suite di alcuni degli album del Project o la celeberrima Music di John Miles. Uno splendido brano che come stile compositivo si pone a metà tra il concept e una colonna sonora vera e propria. (Stefano Viezzoli)

Back Again. Grandissima introduzione di violini e basso grandioso basterebbero a fare di questo brano una hit assoluta; superba la voce di Chris Thompson; mitico il ritornello musicale a meta' brano, indovinate le backing vocal fino ad arrivare alla fine del brano con il temporale. Grandissimo pezzo, voto 9. (Guido Montini)

Stop. C'è una parola che definisce correttamente questo pezzo: esaltante.Ti coinvolge fin dall'inizio. L'effetto temporale ti fa già capire lo stato d'animo del protagonista (la grande voce di Chris Thompson), il coro che inizia, "disturbato" da una campana, accresce la suspence, fa salire l'aspettativa. Ti immagini che il tutto sfoci in un'atmosfera cupa, con suoni lugubri. Poi irrompe la base ritmica, e la sensazione cambia. Senti il conflitto interiore, senti l'adrenalina che sale, senti la tensione che cresce. L'invocazione "stop!" è accompagnata da una variazione di suoni, ed è un po' come se la macchina da presa, che fino a quel momento seguiva il personaggio nella sua corsa, nella sua fuga, perdesse il proprio soggetto improvvisamente, allontanandosi per poi recuperarlo con un improvviso scatto all'indietro. La parte finale del pezzo, caratterizzata dall'alternanza del coro e della voce principale che invoca uno "stop!", accresce ancora di più la tensione, che culmina nella geniale trovata alla fine del brano, quando all'ultimo stop fa seguito un silenzio assoluto, che ti lascia le orecchie vuote. Un ottimo pezzo, egregiamente condotto da Thompson, ed un capolavoro di ingegneria sonora. (Enrico Contini)

On The Run. Sembra un brano di Crusader di Chris De Burgh, ma è anche a mio giudizio il miglior pezzo per assemblaggio di rock e sonorità classiche; buona la sessione ritmica, solo abbozzata la chitarra (manca l'assolo lasciato ai fiati dell'orchestra), finale orchestrale eccellente, piano che introduce e chiude la traccia. Effetto appena abbozzato ma efficace quello sulla voce di Ernst sul primo ritornello, quasi si sente l'affanno del cantante, nel tentativo di dare una eco drammatica al brano. Difatti tratta del (presumibile) riferimento alla donna amata di King Arthur, della sua disperazione ("tears rolling down her face/falling to the floor/the demons in her head") sino al tragico concludersi della vicenda, con l'abbraccio della morte ("she takes the kiss of death/an arm around her shoulder/squeezing out her breath"). Potente ed orgogliosa nella sua vena sinfonica, è strutturalmente semplice e come le restanti tracce stilisticamente compiuta in ogni dettaglio. Davvero manca l'assolo di Bairnson a completare l'opera. Un brano nelle corde di un Chris Rainbow d'annata. (Dario Pompili)

Now It's Up To You. Geniale, stupenda gemma che solo Alan poteva rendere immortale per il suo forte sapore "beatlesiano"; ci aveva già provato con Little Hans (Freudiana) e Press Rewind (TTM). Ad evidenziarne la resa stilistica sopra l'eccellenza è la sensazione di essere presenti alla "session". Inizio con sax, ritmica e piano. Straordinaria l'idea di far cantare le strofe di bridge con effetto "registratore"; infatti non ascoltiamo la voce pura, ma ci viene proposta come la stessimo udendo emessa da una registrazione volutamente artigianale e sporca. Poi si apre nel ritornello nella sua completezza. Il sax chiude con un assolo in dissolvenza assieme alla ritmica. Personalmente ritengo che il brano rappresenti la riuscita stilistica migliore dell'album. (Dario Pompili)

Goodbye. Questo è uno di quei brani che ti lascia seduto immobile sulla poltrona ad ascoltare ogni sfumatura della strepitosa voce di Thompson. Si tratta sicuramente del pezzo più lento dell'intero album, strutturato molto bene e realmente toccante con la sua semplicità di strumentazione, costituita unicamente da pianoforte, orchestra e voce. Semplicità di strumentazione alla quale, però, si contrappongono gli arrangiamenti orchestrali, davvero emozionanti. Efficace anche la variazione, con crescendo d'archi ad aumentare la drammaticità. (Francesco Ferrua)

People Shall Be Free. La struttura del pezzo è molto semplice ed è un misto tra cantato e rap. Una base ritmica avvolgente con una sottofondo di archi e assoli di chitarra classica. Questi assoli rendono il brano semplice ma non commerciale. "Take my hand and run into the Sun": una richiesta di fiducia che non può essere soddisfatta senza una chiara visione d'insieme della situazione. Il brano rappresenta un cambiamento di animo del protagonista, non è un punto cardine della storia, ma introduce bene la traccia successiva Time to Change: prima di fare dei cambiamenti è necessario avere la libertà per compierli. (Gregorio Gobbi)

Time To Change. Strano destino quello della parola pop. Alcuni artisti si vergognano ad utilizzare quel termine, quasi fosse un etichetta che denigrasse il loro prodotto. Personalmente ho sempre pensato che non esiste un genere musicale migliore dell'altro, ma che semplicemente vi sono delle canzoni belle e ben realizzate o viceversa che prevalica il fatto che queste appartengano ad una categoria o ad un altra. Detto ciò non mi vergogno nel definire Time to Change un gioiello pop. Se questo brano venisse adeguatamente pubblicizzato non avrebbe problemi a sostituire anche nel cuore dei teen-agers le note della attuale divora charts Shakira. E badate bene, mica si tratta di una delle tante banali brodaglie che si impongono nelle classifiche. Time to Change parte con il rumore della natura, dell'acqua e attraverso l'evoluzione di coinvolgenti percussioni prende un ritmo costituito dalla ritmicità di un coro i cui versi rimangono in mente all'ascoltatore anche parecchie ore dopo l'ascolto. Su di questo si arrampica la straordinaria voce di Thompson e sullo sfondo ecco che le modernissime tastiere presenti si rincorrono continuando a cambiare tonalità. Questa traccia pare essere un vero e proprio inno che una volta sentito "costringe" l'ascoltatore a farlo proprio, ripeterlo a squarciagola e, in casi non rari, a ballare al suo ritmo. E per chi trova che la magia musicale non ha nulla a che vedere con il movimento del corpo consiglio di munirsi di cuffie e divertirsi ad individuare tutti i vorticosi e sottili effetti di tastiera che animano la traccia. (Lorenzo Zencher)

Part Of Me, Part Of You. Il pezzo più romantico dell'intero disco, posto in modo strategico come penultima traccia. Tutto il percoso affrontato nel disco ha portato il protagonista alla certezza dell'esistenza del vero amore tra lui e la sua innamorata. La traccia inizia e termina con un assolo di pianoforte dolce ma abbastanza incitante e durante tutta l'esecuzione è un crescendo di emozione attraverso anche la sottolineatura degli archi e dei cori che rendono il ritornello più corposo. Una canzone davvero strappalacrime cantata con molto sentimento: la classica canzone eseguita con la scena completamente buia con solo l'occhio di bue puntato sul protagonista che suona il piano. (Gregorio Gobbi)

Every Dream Will Have Its Day. Brano allegrotto, che si discosta forse troppo dal filone narrativo del CD; giustamente è stato messo alla fine, forse come riempitivo. Nota positiva è il ritmo incalzante e certi strumenti particolari, voto 6,5. (Guido Montini)

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COMMENTI ULTERIORI

Alcuni di noi hanno voluto esprimere un giudizio ulteriore sull'album nel suo complesso.

Francesco Ferrua. The Excalibur Project è uno di quegli album che ti prende fin dal primissimo ascolto, ma che, contrariamente a come spesso capita con album di immediato accesso, col passare del tempo non perde il proprio fascino ed, anzi, continua a suscitare grande entusiasmo. Questo fatto è sicuramente dovuto a quella che, probabilmente, è la caratteristica più lodevole e sorprendente dell'album: gli attenti arrangiamenti sanno soddisfare sia l'ascoltatore sofisticato che ricerca elaborati intrecci e strati sonori, sia l'ascoltatore distratto che mira ad un immediato accostamento alla melodia. Di conseguenza, si tratta di un prodotto decisamente molto valido, ma anche con un elevato potenziale di vendita. Proprio questo è eccezionale: l'album è molto elaborato, ma al contempo sa essere anche particolarmente orecchiabile e estremamente godibile. Per quanto riguarda le registrazioni, nei suoi cinquanta minuti The Excalibur Project presenta sonorità incredibilmente perfette e cristalline, un grandioso spessore degno del miglior Parsons non solo come tecnico del suono, ma anche come curatore di numerosissimi efficaci effetti sonori che riescono a legare assieme le varie tracce e che richiameranno alla mente del parsoniano numerosi episodi dei tempi del Project. Ciò che maggiormente sorprende a livello di produzione e arrangiamento è come pur trattandosi di un album musicalmente molto vario risulti fortemente compatto, soprattutto nei primi due terzi. Nota ulteriore è da porsi sul fatto che pur trattandosi di brani che stilisticamente devono molto ai clichè tipici degli anni '70 e '80, si è riusciti a dargli grandi boccate di ossigeno grazie ad un attento aggiornamento verso sonorità e ritmiche piuttosto moderne: non è raro l'uso di batterie elettroniche ad accompagnamento di eccelse partiture orchestrali, o l'accostamento di strumentazione acustica ed elettronica. Il tutto nel sorprendente raggiungimento di un controllato e sapiente equilibrio. Per quanto riguarda il concept, l'album è incentrato sulla leggenda di re Artù, ma come nelle migliori tradizioni progressive, il concept rivela il suo doppio piano di lettura all'interno del quale le vicende cavalleresche sono soltanto una pretesto per affrontare tematiche più profonde e personali. Ognuno di noi ha una propria spada nella roccia, i piccoli grandi problemi della vita, che solo lottando con grande forza e ricerca interiore possono essere risolti. Anche su questo aspetto Ernst è riuscito a non cadere nell'ovvio e nel banale, evitando di usare diretti riferimenti alla leggenda di Excalibur e sottraendosi dall'uso delle tipiche sonorità prettamente medievaleggianti.

Il risultato di tutto questo è un album veramente molto bello, brillante e interessante. Se proprio si vuole trovare qualche difetto o, meglio, qualche differenza di vedute tra le scelte effettuate da Ernst e soci e quelle che avrebbe preso il sottoscritto, si possono affrontare due argomenti: la carenza di chitarra e una certa disomogeneità di atmosfera (e, quindi, di legame) tra i primi due terzi dell'album e la restante parte. In realtà la chitarra elettrica c'è, ma è usata per rafforzare la ritmica e troppo miscelata con le tastiere ...un paio di assoli alla Ian avrebbero sicuramente trovato la loro giusta collocazione. Per quanto riguarda la disomogeneità tra le due parti dell'album è difficile dire quanto questa sia una caratteristica voluta e tenuta sotto controllo e quanto un punto debole dovuto, magari, alla lunga gestazione dell'album. Fatto sta che quell'atmosfera più "storicizzata", potente e cupa, che si respira nella prima parte, viene un po' a diminuire nella seconda, perdendo di carisma e lasciando spazio a pagine meno impegnate. Questi gli unici due punto che a mio avviso giocano a sfavore per poter definire The Excalibur Project un album perfetto ...ma la perfezione forse non esiste e ciò non toglie che si tratta in ogni caso di un lavoro veramente bellissimo.

Dario Pompili. Excalibur, mito del medioevo, un altro concept album. Chi meglio di Parsons poteva presenziarlo? Alan risulta presente nella veste di produttore di un album destinato ad incorniciare prossimamente il musical omonimo.
Si tratta di un album dai forti connotati emotivi, aggressivo e melodico allo stesso tempo, sicuramente molto intenso e magistralmente registrato. Seppure Parsons collabori alla stesura della sola prima traccia introduttiva (una sorta di narrazione che ricorda molto l'inizio di Tales… e che introduce la lead track Excalibur) la sua mano è presente per tutta la durata dell'album. Soprattutto nella prima parte, le ampie partiture orchestrali coronano tracce ben architettate. Tutto l'album è cristallino e nitidissimo per quello che concerne l'aspetto della registrazione.

Cosa è da elogiare: un chiaro concept, da inquadrare meglio al momento in cui apparirà il musical; sicuramente Alan ha messo mano alla direzione dei lavori di svariate tracce, tra cui sicuramente la beatleasiana Now It's Up To You, da non perdere, impensabile senza Alan, troppo ben riuscita per non sognare un inedito firmato Lennon arrivato sino ad oggi incorrotto. Lo stile parsoniano si sente dall'inizio, grandissima maestria nella registrazione, sonorità pulite e compiute; uso ben coordinato di un numero di tracce sopra le aspettative, che riescono a dare il giusto spessore ad ogni brano, ed a un orecchio attento evocano mille sfumature "project".
Cosa manca: fosse stata presente almeno una traccia strumentale-sinfonica, di respiro barocco, o in puro medioevo alla Ladyhawke, l'album sarebbe davvero completo. Peccano un paio di brani di chiusura non certo ricercati che lasciano eccessivo spazio alla vena melodica di Ernst e con struttura sicuramente non parsoniana: eccessivi controcori, assenza di bridge e dissolvenza (Every Dream Will Have Its Day, People Shall Be Free); tutto questo lo si può tuttavia concedere, non essendo l'album un disco di Parsons.
Assoli di chitarra: ovvio che manca Ian, ma è troppo carente l'uso della chitarra elettrica per l'intero album. Le tastiere sono molto presenti, ma meno evidenti e fanno tutte da corollario alla parte vocale e/o sinfonica; non dettano la melodia, insomma, anche se questo non è necessariamente una carenza, ma solo una diversa ottica di resa musicale.
Da evidenziare: Excalibur una lead track davvero ben fatta, originale, aggressiva, con inserti tematici; Magic, molto avvolgente e cinematografica; Stop, drammatica ed incalzante e introdotta da effetti riuscitissimi. Ascoltato con attenzione è il brano più "ricco" dell'album con molte più tracce di quante mi sia capitato di ascoltare in una precedente produzione parsoniana: fuochi, spade, canti gregoriani, temporale, tre sessioni ritmiche, basso, due sintetizzatori, voce e coro. On The Run sembra un brano di Crusader di Chris De Burgh, ma è anche a mio giudizio il miglior pezzo per assemblaggio di rock e sonorità classiche; buona la sessione ritmica, solo abbozzata la chitarra (manca l'assolo lasciato ai fiati dell'orchestra), finale orchestrale eccellente, piano che introduce e chiude la traccia.
Geniale Now It's Up To You, stupenda gemma che solo Alan poteva rendere immortale per il suo forte sapore "beatlesiano"; ci aveva già provato con Little Hans (Freudiana) e Press Rewind (TTM). Ad evidenziarne la resa stilistica sopra l'eccellenza è la sensazione di essere presenti alla "session". A Long Long Time Ago, di reminescenza Project e molto vicina ad Ignorance Is Bliss (TTM), sarebbe stata una gemma imperdibile se cantata da Blunstone; la ricchissima sezione orchestrale è perfetta, aderente ed incisiva.
Felicissima conferma, se ce ne fosse bisogno, della maestria di Alan, e degno pane per i denti delgli appassionati, in attesa del nuovo lavoro marcato "Parsons", che purtroppo tarda a venire.

Lorenzo Zencher. Da un po' di tempo non ascoltavo un disco del valore di Excalibur. Ciò che più mi ha colpito è il suo equilibrio. Equilibrio inteso come capacità di mediare fra commercialità ed evoluzione musicale, tra sonorità del passato e di futura attualità.
La sua forza infatti sta nel fatto che tutte le sue tracce hanno ritornelli indelebili, da potenziali singoli, ma nonostante ciò attraverso numerosi ascolti si è sempre in grado di scoprire nuovi particolari sonori, segno della ricchezza musicale del progetto. Le sue composizioni sono impregnate di cura e sapori degli anni '70 eppure in molte di queste vi sono batterie elettroniche, tastiere e ritmi modernissimi, come dire (in previsione del futuro disco di Alan) che è possibile rievocare la magia delle composizioni del passato utilizzando le tecnologie moderne o, se preferite, che anche con gli strumenti moderni è possibile realizzare della ottima musica.

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