ON AIR TOUR

Milano, 25 maggio 1998

 

REPORTAGE

a cura di Francesco Ferrua

 

 
La locandina del concerto autografata da tutta la band.

 

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Raccontare l'evento che per anni è stato il sogno della mia vita non è cosa semplice, soprattutto perchè ancora adesso mi sembra impossibile di averlo tramutato in realtà. Poter ora raccontare di aver ascoltato e visto dal vivo Alan Parsons è per me una grande soddisfazione e motivo di gioia.

Da quando The Avenue diede la notizia delle date italiane del tour di Parsons fu difficilissimo per un certo periodo avere notizie sul concerto, data l'ignobile organizzazione del promoter italiano. Dal principio la completa mancanza di informazioni avevano reso l'evento sempre più fantasmagorico, poi il continuo cambiamento del luogo dove si sarebbe dovuto tenere l'evento trasformò la possibilità di essere presente al concerto in una vera e proprio sfida contro la disorganizzazione del promoter. Nonostante tutto, comunque, quando ebbi finalmente in mano il paio di biglietti per il concerto mi era ormai chiaro che nulla avrebbe più impedito la mia presenza all'evento musicale della mia vita.

Finalmente arrivò quell'atteso Lunedì 25 Maggio ed in compagnia di mio padre andai a Milano. Lui, infatti, dopo tutto il parlare che di Alan avevo fatto in famiglia nel corso degli anni, aveva capito che non poteva lasciarsi sfuggire un concerto simile e così, pur non essendo un vero fan di Parsons, non mancò di prendere parte all'evento.

Arrivati davanti al Propaganda in compagnia del mio amico Alessandro Palmigiani alle ore 19 circa, fu fin dall'inizio che capimmo sempre più quale importante evento per la nostra vita stavamo vivendo. Le porte aperte del locale ci permisero già di ascoltare la band dal vivo: infatti, la band stava facendo il sound check e potemmo così ascoltare già alcuni spezzoni di brani, tra i quali Limelight mi rimase particolarmente impressa. Semplicemente il fatto di aver avuto conferma che sul palco a pochi metri da me, dietro ai muri del Propaganda, vi era l'intera band alla quale avevo consacrato l'esistenza mi lasciò in uno stato di fremente confusione. Ma l'evento che meno mi sarei aspettato si verificò proprio dopo e mi portò letteralmente al settimo cielo, in uno stato di fulminante felicità. Sì, perchè se già sapevo che dopo il concerto avrei incontrato la band al completo all'after show, chi si sarebbe mai aspettato di trovarsi da un momento all'altro faccia a faccia con Alan??? Invece fu proprio ciò che accadde!

Eravamo seduti su una panchina a pochi metri dall'entrata del Propaganda quando decidemmo di portarci proprio dinanzi alle porte del locale perchè cominciava ad arrivare gente. Bene, appena arrivati lì una figura imponente uscì dal Propaganda con fare normalissimo e stava per allontanarsi. Ci volle qualche secondo più del normale per accorgermi che mi era passato dinanzi proprio Alan Parsons e per capacitarmi del fatto che non lo stavo vedendo attraverso lo schermo di un televisore, ma che era lì in carne ed ossa a due passi da me. Nel vederlo allontanarsi tranquillamente nell'incapacità generale di tutti di reagire dinanzi all'improvvisa comparsa del grande per il quale ci eravamo mobilitati tutti quella sera, feci ciò che il cuore mi diceva di fare. Chiamai Alan per nome, preso da un'emozione inimmaginabile, e fu con immane felicità che lo vidi voltarsi e guardarmi. Alan Parsons stava guardando me, me che di questo incontro per anni avevo fantasticato solitario tra le sue melodie. Mi avvicinai, e sempre guardandolo dal basso verso l'alto gli dissi di essere un fan membro di The Avenue e lui mi sorrise caldamente. Poi allungai il braccio e gli strinsi la mano pronunciando l'unica frase che in quel momento ero in grado di dire: "it's incredible!", gli dissi e lo ringraziai. Nulla di più riuscii a dirgli, ma sono realmente convinto che bastava l'emozione che il mio viso trapelava per far capire quanto importante fosse per me quel momento e credo proprio che Alan abbia letto sul mio volto tutto quello che le labbra non furono in grado di dire.

Forse sono semplicemente un illuso, ma dal volto di Alan credo anch'io di aver letto qualcosa: pura felicità per il nostro incontro, per aver incontrato e reso felice un semplice e fedele ammiratore.

Ancora il tempo di due veloci scatti fotografici ed Alan si allontanò in compagnia di un uomo che parlando in italiano disse che Mr. Parsons doveva andare a cenare. Per me, quella notte avrebbe potuto anche finire così, perchè dopo quell'incontro mi sentivo veramente realizzato. Ma, invece, quello non era altro che l'inizio!

Il tempo davanti al Propaganda passò incredibilmente veloce, e dopo le molteplici piacevoli chiacchiere con gli altri fan le porte vennero aperte e si fece l'ora di assistere al concerto. Alle ore ventuno precise, nel buoi totale del locale, la batteria di Stuart Elliott segnò l'inizio del concerto, con la strepitosa The System Of Doctor Tarr And Professor Fether, e le luci mostrarono la band al completo, con tanto di Parsons in posizione centrale e rialzato su un piedistallo. Inutile dire che l'emozione era alle stelle e la partecipazione del pubblico calorosissima. La band eseguì in maniera esemplare brani del Project che gli avevano dato maggior popolarità ed anche molti brani dell'album On Air. Senza nemmeno una pausa a metà scaletta, la band si ritirò dietro le quinte dopo aver eseguito Eye In The Sky ed aver riscosso un interminabile applauso. Poi ritornò poco dopo per eseguire ancora due brani e ritirarsi definitivamente dietro le quinte tra l'eccitamento di tutti i presenti.

Il concerto durò due ore, durante le quali tutti i musicisti diedero il meglio di sè. Non è semplice dire quali momenti siano stati i migliore, ma sicuramente vi sono momenti che più di tutti mi hanno coinvolto: l'assolo di sax di Ian in Old And Wise, l'inaspettato attacco di La Sagrada Familia sul finire di Money Talks, lo strepitoso assolo di chitarra in Prime Time, la narrazione in spagnolo da parte di Ian della storia che sta alla base di Brother Up In Heaven ed ovviamente l'impareggiabile potenza di Sirius ed Eye In The Sky.

Finito il concerto e lasciata sfollare la gente che aveva praticamente riempito il locale, venne il momento di stare faccia a faccia con tutti i membri della band. Grazie ai pass, ci venne data infatti l'opportunità di partecipare all'after show per fare foto, domande ed ottenere autografi. Mentre si aspettava di realizzare l'incontro, ecco sbucare improvvisamente il mitico Ian Bairnson che con massima disponibilità ed umanità si prestò felicemente a tutte le nostre esigenze di fan. Ian fu la persona con la quale mi trattenni di più, forse perchè il suo fare semplice allontanava da me quel normale timore reverenziale che si ha dinanzi a miti sognati da anni. Con Ian, dopo essermi fatto rilasciare due autografi ed aver fatto una foto al suo fianco, mi trattenni un po' a fargli alcune domande, alle quali Ian gentilmente rispondeva per lo più in spagnolo allo scopo di farsi capire meglio. A lui, dopo essermi complimentato per il concerto ed aver stretto la mano, chiesi il perchè della scelta di locali di modeste dimensioni per i loro concerti, e Ian mi rispose dicendo che così si crea un ambiente più intimo e meglio adatto alla loro musica. Poi gli chiesi cosa stesse facendo Andrew Powell in quel periodo e lui mi rispose che molto probabilmente era in giro a suonare da qualche parte aggiungendo che, comunque, non era con loro perchè loro non utilizzavano un'orchestra per questo tour. In fine, gli chiesi se sarebbero ripartiti subito il giorno seguente per Londra o se sarebbero restati un po' in Italia visto che quella era stata l'ultima tappa del tour, ma Ian rispose che sarebbero immediatamente ritornati a casa il giorno seguente. Rimasi vicino ad Ian ancora un po' per ascoltare le domande che gli venivano poste da altri fan, ma poi mi accorsi che Alan era già uscito dai camerini ed andai da lui. La consueta emozione mi assalì e ad Alan non ebbi la forza di fare alcuna domanda. Ma ciò non toglie che mi complimentai con lui per il concerto, gli diedi nuovamente la mano, mi feci fare tre autografi nonchè lo scatto di un paio di fotografie. Anche qui, come già successo tre ore prima davanti al locale, Alan si dimostrò molto disponibile nei nostri confronti.

Tutti respiravamo nell'aria una certa emozione mescolata ad euforia, forse anche perchè Alan non impiegò molto tempo a bersi una bottiglia di vino bianco, seguito nell'esempio anche dagli altri della band. Fu fantastico potersi girare attorno e vedere da una parte Alan, dall'altra Ian, qui Stuart, là Neil e via dicendo. Dopo Alan, andai dal simpaticissimo John Beck, reso ancora più simpatico dall'effetto della birra. John non tolse mai il sorriso dalla faccia, e si mostrava molto felice di tutto il nostro affetto. Dopo autografi e fotografia, posi a John una domanda. Poichè John era in tour con Parsons, ma non aveva ancora partecipato alle registrazioni di alcun album di Alan, gli chiesi se secondo lui c'erano buone possibilità che sarebbe diventato a pieni effetti un membro stabile della band, quindi anche per le registrazioni in studio. John, sempre col sorriso stampato in volto, mi rispose che certamente sarebbe entrato stabilmente nella band, senza alcun dubbio. Onestamente, non posso dire quanto John fosse pienamente cosciente quella sera e, quindi, quanto attendibile la sua risposta, perchè bastava guardarlo in faccia per rendersi conto che la birra aveva fatto i suoi effetti (che sia lui quello della famosa birra Beck's?!?)

Venne la volta del grande Stuart Elliott, col quale feci l'ormai consueta foto e autografo. Anche Stuart, come tutti d'altronde, si rivelò essere simpatico e disponibile ed ora un po' mi spiace di non essermi fermato a fare due chiacchiere anche con lui.

Dopo Elliott venne la volta di John Giblin. John è davvero un tipo simpatico, gesticolava molto e faceva sempre delle bizzarre espressioni col volto quando posava per le foto. Certamente presi autografi e foto anche con lui, dopo di che, voltatomi, mi trovai al fianco di Neil Lockwood. Anche Neil era molto felice e sorridente e mi feci immortalare anche al suo fianco. Avevo allora visto la band al completo? No, mancava Peter Beckett che non si era ancora visto. Chiesi allora a John Giblin dove fosse Peter, e John mi rispose che si trovava nel camerino in cima alla scala lì a fianco e che potevo andare da lui in piena tranquillità. Benone, seguito da altri fan stavo per salire le scale quando da in cima arrivò un uomo, forse il manager della band, che ci chiese dove stavamo andando. Spiegatogli che era stato Giblin a darci il permesso di salire, molto gentilmente l'uomo chiamò Peter dicendogli di scendere. Peter arrivò immediatamente e si dimostrò fin dal principio estremamente simpatico, disponibile e ...reso piuttosto euforico dalla birra! Mi firmò subito gli autografi e rimase talmente impressionato da come scriveva bene il mio pennarello bianco che volle firmare con quello anche gli altri autografi. Peter faceva davvero competizione con Beck in fatto di ubriacatura, ma proprio per questo i due erano particolarmente simpatici e disponibili.

Beh, ora eravamo proprio arrivati alla fine di quella magica notte e dopo qualche minuto venimmo gentilmente invitati dagli uomini della security a lasciare il locale. Ian Bairnson, come altri membri della band, era intanto già uscito dal locale, e nel salutarlo gli dissi "Until the next time" e poi aggiunsi "A dream is all we need, and this is my dream!" al che Ian si voltò e mi sorrise. Evidentemente aveva capito il mio riferimento al testo del brano One Day To Fly. Ancora qualche secondo e dovemmo veramente lasciare il Propaganda. L'after show, nonostante il tempo sembrò volare, durò invece circa tre quarti d'ora, durante i quali la band si rivelò essere squisita, umanamente parlando. Un ultimo scatto a John Beck con l'immancabile birra in mano ed ero davanti al locale dove alcuni membri della band, Ian in particolar modo, si erano intrattenuti con i fan che non avevano potuto prendere parte all'after show. Una ulteriore prova dell'incredibile bontà di questi uomini.

Ancora pochi minuti e tutta la band era sul pullman che parti tra i nostri ultimi saluti. Avevo appena vissuto una delle notti più importanti di tutta la mia vita e mi sembrava di essermi appena svegliato dal più bel sogno che avessi potuto fare. Non posso aggiungere altro per far capire come mi sentissi in quei momenti, perchè so che chi non è un grande fan come me non capirà mai fino in fondo, mentre sono certo che ogni altro fan accanito può capirmi perfettamente.

Devo ammettere che l'aver incontrato i miei miti ha logicamente fatto sì che la mia visione di loro abbia un po' perso quell'alone di misticismo per assumere però un ancora maggior squisito valore umano. Grandi musicisti ...e che uomini d'animo!

Per ultima cosa, quindi, voglio soltanto esprimere un grazie infinito a tutta la band per avermi regalato un sogno, a Steve Martin di The Avenue per avermi permesso di prenderne parte, nonchè a mio padre per la compagnia e per aver scattato le foto che testimoniano quella magica notte. GRAZIE!!!

 

La band:

ALAN PARSONS: chitarra, voce, tastiere, percussioni.

IAN BAIRNSON: chitarre e sax.

STUART ELLIOTT: batteria.

PETER BECKETT: voce, tastiere.

JOHN GIBLIN: basso.

JOHN BECK: tastiere.

NEIL LOCKWOOD: voce, chitarra.

 

I brani eseguiti:

(The System Of) Doctor Tarr And Professor Fether - Can't Take It With You - I Wouldn't Want To Be Like You - Old And Wise - Money Talks/La Sagrada Familia - Days Are Numbers (The Traveller) - Prime Time - Limelight - Time - Turn It Up - Standing On Higher Ground - Blue Blue Sky - Can't Look Down - So Far Away - Fall Free - Cloudbreak - Brother Up In Heaven - Psychobabble - Sirius - Eye In The Sky - Don't Answer Me - Games People Play.