Alan Parsons: l'intervista

(Gennaio 1994)

 

Intervistatore: “Domanda banale ma inevitabile. Come mai sono trascorsi quasi sette anni tra l'uscita di "Gaudi", gennaio 1987, e "Try Anything Once", 25 ottobre 1993?”.

Alan Parsons: “Dopo "Gaudi" composi un musical, un progetto per un'opera denominata "Freudiana", l'ultima cosa che feci con Eric Wooflson. Esiste un disco su etichetta EMI, peraltro difficile da scovare, e non sono sicuro sia ancora in catalogo. Decisi di chiamarlo semplicemente "Freudiana" e non usare la denominazione “The Alan Parsons Project” perchè non ne rifletteva lo spirito d'insieme. Non fui soddisfatto del lavoro svolto su questo disco dalla EMI, che non lo curò affatto. Ebbe un discreto successo sul palcoscenico di casa a Vienna, però non riuscì ad arrivare a Broadway, Londra o Roma. L'ho trovata un'esperienza molto interessante ma non altrettanto soddisfacente dal punto di vista umano, capii subito di non poter trascorrere il resto della mia vita a comporre musical. Non c'è abbastanza musica rock genuina nel teatri, per averne un esempio dobbiamo ritornare a "Tommy", che fu scritta negli anni Sessanta. Impiegai due anni per la produzione d i "Freudiana". All’inizio degli anni ‘90 vendetti il mio studio di registrazione e la mia casa, tutte le mie proprietà in Inghilterra, perchè pensavo che saremmo andati a vivere in America, dove avremmo cercato una casa, una fattoria in California. Ma le decisioni della mia famiglia furono in un altro senso, non vivemmo in California e ritornammo in Inghilterra, dove costruii un altro studio...e disegnare e costruire un nuovo studio non è cosa da poco. A parte questo realizzai un CD di test tecnici per l'alta fedeltà. Successivamente ho avuto bisogno di altri due anni per realizzare il nuovo album, perciò non è che sia proprio rimasto in ozio dal 1987 ad oggi”.

I: “Cosa contraddistingue un album solista di Alan Parsons da uno del Project, dato che lei è sempre stato il timoniere indiscusso del gruppo?”.

AP: “L'Alan Parsons Project era il frutto della collaborazione creativa di due persone, io ed Eric. Lui non era coinvolto dalla direzione intrapresa e ho ritenuto ingiusto usare il nome Project, lui avrebbe fatto altrettanto, non potrebbe mai registrare un disco senza di me con quella denominazione. L'unica vera ragione è questa: si è naturalmente interrotto il filo che ha permesso la pubblicazione di tanti lavori. Oggi è un capitolo nuovo, un nuovo rapporto creativo, un nuovo set di persone, una nuova vita”.

I: “Ho ascoltato molte volte "Try Anything Once” con una cuffia elettrostatica Stax Sigma Professional, che generalmente rivela tanti difetti celati ad un ascolto superficiale. Del suo nuovo disco mi piacciono in particolare "Mr Time” (una ballata quasi spaziale, ipnotica e con un grande lavoro di tastiere e di chitarre, sia acustiche che elettriche, dove spicca 1a voce espressiva di Jacqui Copland, per me una rivelazione), "Jigue" e "Re-jigue” (molto belle le influenze popolari e di spiccato effetto l'arrangiamento, un capolavoro di gusto), “Dreamscape” ( uno strumentale sospeso tra la mente ed il cuore, dove la chitarra e i synths riescono ad evocare immagini dal sapore cinematografico) e "Oh Life", un brano raffinatissimo in cui la voce di David Pack, che solitamente cogli Ambrosia non mi piace affatto, si esprime al meglio. Quali sono le composizioni più rappresentative del nuovo disco?”.

AP: "Jigue" e 'Re-jigue" hanno ovviamente influenze irlandesi, come si capisce bene dal titolo. Quando iniziai come sound engineer non sapevo se da un momento all'altro avrei lavorato con la London Symphony Orchestra, con una folk o jazz band, Tony Bennett o chissà chi altro. Ogni giorno era differente, ogni giorno una nuova sfida. Così ho affrontato questi due brani nel medesimo modo, cercando di variare l'ottica dell'approccio, non posso dire di essere mai stato un esperto di Irish Music, però mi piaceva molto. La tradizione popolare per me era quella scozzese, dato che mia madre proviene da quella regione e da bambino mi cantava sempre canzoni antiche. Vorrei fare più musiche da film. Nel 1988 feci la colonna sonora di " Ladyhawke". La cosa interessante fu l'iniziale canzone che si sviluppò in un lavoro solo strumentale. Mi affascina "Oh Life", ci abbiamo lavorato duramente, io e David Pack. Sarà una delle canzoni per cui questo disco verrà ricordato. Molte persone l'hanno ascoltata esclamando: “Oh che bella canzone d'amore!". Probabilmente sarà il pezzo che più verrà suonato dalle stazioni radio, specialmente quelle americane, anche se è piuttosto lunga, oltre 6 minuti. Le canzoni dell'album sono molto diverse tra loro. Non penso che ce ne sia qualcuna che spicchi in particolare, anche se ho espresso un affetto particolare per ‘Oh Life’”.

I: “Un piccolo tuffo nel passato: può parlarci un poco della sua attività come tecnico del suono e produttore, dall'esperienza di “The Dark Side of the Moon" dei Pink Floyd alla colonna sonora del film "Ladyhawke", o Colin Blunstone, ex Zombies?”.

AP: “Dell'esperienza di "The Dark Side of the Moon” ho già parlato sin troppo, si tratta di un ricordo piacevole ma a cui è stata data importanza eccessiva, ero solo un ragazzo pieno di entusiasmi. Al periodo di "Abbey Road" dei Beatles, invece, portavo veramente i caffè agli artisti o poco di più. In Ladyhawke" ho spiegato come da un'iniziale canzone si sia passati ad un tema interamente strumentale. Mi è dispiaciuto veramente che Colin Blunstone non abbia avuto il successo che si meritava. Abbiamo lavorato seriamente intorno a quel progetto. Doveva essere una realizzazione della Parsons Project Band, dato che si trattava della stessa gente. Fecero tutto come se fossero una band estranea a me ma non ebbero il successo sperato. Colin è un grande talento con una voce strepitosa, avrebbe potuto essere una star e, infatti, è sempre stato sul punto di diventarlo. Lo incontrai quando avevo 17 anni, che bei tempi, eravamo vicini di casa e diventammo amici immediatamente. Non ha raccolto quanto meritava”.

I: “Un artista che come lei è in attività da 20 anni dove trova la spinta e la voglia per rinnovarsi, non subentra una certa pigrizia creativa dopo tanti lavori pubblicati?”.

AP: “In effetti sono piuttosto pigro e in passato era sempre Eric a pungolarmi. Arrivava e mi diceva: "Dai, è ora di fare un altro disco, ho delle canzoni e bisogna registrarle". Per la prima volta in questo nuovo album ho dovuto motivarmi da solo, oltre a doverlo produrre ed incidere senza l'aiuto di Eric.
Dovevo essere creativo ad oltranza, scrivere, organizzare, prenotare gli studi di registrazione, trovare i musicisti…E’ stato abbastanza faticoso perchè non ero abituato. Ho avuto una parte più impegnativa rispetto ai precedenti lavori, però ho provato un'immensa soddisfazione perchè è veramente ottimo, più che gli ultimi 3 o 4 dischi. Non mi sembrava neanche finito che era già nei negozi”.

I: “Una domanda squisitamente di sapore collezionistico, dato che i dischi dell'Alan Parsons Project sono tra i più ricercati dai collezionisti di tutto il mondo: dei suoi album esistono edizioni diverse da quelle pubblicate in Inghilterra, magari con pezzi diversi, bonus tracks o live versions?”.

AP: “Sai, non sono attento a queste cose. Credo che ci siano dei singoli con B side inedite, ma gli album sono sempre uguali. Forse le copertine sono diverse… Ricordo quella americana di "Tales of Mystery and Imagination Edgar Allan Poe” con una mia foto davvero terribile, tanto che quando vengono a chiedermi di mettere l'autografo sopra, mi rifiuto di farlo! L’edizione originale di "Tales…” è molto difficile da trovare, perchè hanno subito smesso di produrla in quanto troppo costosa: la documentazione interna aveva tra le pagine dei fogli di carta velina. Esistono anche dei picture disc, un box set americano e un double box intitolato "The Complete Alan Parsons Project". Sono in contatto con un ragazzo canadese, veramente un fanatico collezionista e lui ne sa certamente più di me al riguardo”.

I: “Nonostante la denominazione Project sia stata abbandonata, lei ha sempre una band, anzi sulle note di copertina il suo nome è riportato per ultimo, quasi per ribadire una certa equità di rapporto. Molti dei componenti del gruppo, poi, hanno già suonato con lei in precedenza; cosa è cambiato, quindi, rispetto al passato?”.

AP:” Lo spirito con cui si affronta la musica, ora mi sento parte del lavoro in modo più totale”.

I: ”Oltre alla produzione discografica del Project lei non ha praticamente collaborato alla scena musicale dagli anni ‘70 sino ad oggi. Se non erro ricordo solo la sua partecipazione a "Once Again" dei Barclay Jamess Harvest nel 1971 e nel 1974 a "From the Album of fhe Same Name" dei Pilot, tra l'altro prodotti da lei. Esistono altre sue collaborazioni documentate su disco e come mai ha un atteggiamento così schivo, lei che è stato un punto di riferimento fondamentale per un certo rock più sofisticato?”.

AP: “Ti ricordi del disco della Barclay James Harvest7 Non credevo fosse conosciuto in Italia! Comunque a "Once Again" ho suonato giusto per scherzare tra amici. Ho partecipato ad altri dischi che non hai menzionato, però non mi hanno citato tra i crediti. Non mi sento frustrato per questo, dato che a volte fa parte del gioco, sono un produttore e non un musicista, anche se oggi ho molta voglia di suonare dal vivo rispetto al passato. Prima avevo dei problemi personali ad esibirmi dal vivo, ora desidero farlo sempre di più, ovviamente in spettacoli di alto livello tecnico ed artistico. Nel mese di ottobre ho tenuto un concerto a Los Angeles per beneficenza a favore dei bambini bosniaci: è stata una esperienza davvero incredibile e spero possa contribuire adeguatamente ad una giusta causa. Fu il mio
primo concerto americano in assoluto con al fianco una band eccezionale, tra cui Simon Phillips alla batteria”.

I: “Lei è considerato un perfezionista dal punto di vista tecnico, sia a livello compositivo che di registrazione, e anche il nuovo lavoro riflette questo suo atteggiamento. Non crede che la tecnica alcune volta possa prendere il sopravvento sul lato artistico della musica ? Le è mai capitato?”.

AP:” Difficile che possa rendermene conto, sono troppo coinvolto in quello che faccio per essere lucido. Credo che ciò non mi sia mai accaduto, perchè cerco sempre di coniugare la tecnica coi sentimenti”.

I: “ Probabilmente non condividerà la seguente mia idea, però trovo molte affinità, sia come suono che compositivamente, tra i Camel di Andy Latimer e il Project, non a caso molti artisti hanno suonato in entrambe le formazioni ( vedi Stuart Elliott, David Paton, Mel Collins, Chris Raimbow, Duncan Mackay). In ogni caso, se conosce i Camel, vorrei un suo giudizio su questa formazione e se ne apprezza un disco in particolare?”.

AP: “Non ci avevo mai fatto caso, però se hai trovato qualche affinità deve pur esserci un punto di contatto, forse perchè i Camel per un lungo periodo hanno suonato nella strada di fronte al mio studio e spesso ci incontravamo per chiacchierare e bere insieme, eravamo piuttosto amici. Sono stati e sono tuttora un ottimo gruppo, trovo i loro dischi tutti molto belli. I musicisti che hanno suonato sia col Project che con loro hanno una spiccata sensibilità artistica”.

I: “Ci può spiegare il significato degli uomini a testa in giù raffigurati sulla copertina e all'interno del libretto?”

AP: “Non ha assolutamente un significato preciso, è solo un'idea, un'immagine. Penso che esprima l'assurdità e l'incapacità di comunicare dell'uomo. A volte nelle canzoni è difficile esprimere i concetti e i pensieri, spesso non siamo capaci di portarli a galla. Niente potrebbe essere più restrittivo di una serie di figure a testa in giù nel deserto. In definitiva è un commento efficace alla nostra impotenza di comunicare pienamente”.

I: “Giusto una curiosità! Il nome del suo batterista è riportato come Elliot (con una sola T) in terza di copertina e tra gli autori di "Mr Time", mentre nel resto delle note è citato come Elliott (con due T). Qual è l'ortografia esatta?”.

AP: “Maledizione, il solito errore che sfugge nella composizione di una copertina, persino quando hai molte persone che lavorano al progetto! La giusta ortografia è con due T”.

I: “Molti titoli dei suoi album sono ispirati dalla letteratura, soprattutto fantascienza e mistero: “Tales Of Mystery And Imagination" e" Stereotomy" da Edgar Allan Poe, “I Robot " da Isaac Asimov, "Eye ln The Sky" da Philip K. Dick. Ha sempre un forte interesse per la letteratura, anche “Try Anything Once" è ispirato a qualche libro o racconto?”.

AP: “La decisione di usare la letteratura come fonte ispiratrice per i lavori del Project era più di Woolfson che mia. Eric fu sempre l'uomo delle idee per i dischi concept. "Try Anything Once" non ha un tema unico, dato che le canzoni sono scritte da diversi autori. Si tratta di una raccolta di brani riuniti efficacemente in senso musicale ma non in quello letterario o concettuale”.

I: “Può parlarci dei componenti della sua attuale band, che spesso hanno suonato insieme in album di prestigiosi artisti (come Ian Bairnson e Stuart Elliott già coi Cockney Rebel di Steve Harley, oppure Alldrew Powell, David Pack e lo stesso Elliott con Chris Rea)?”.

AP: “Si tratta di artisti che conosco da molto tempo, ricchi di qualità musicali ed umane, una vera band e non il mio gruppo accompagnatore. David Pack è stato il leader degli Ambrosia, uno dei più raffinati gruppi rock americani degli anni ‘70, oltre ad aver partecipato a lavori dei Kansas, di Al Stewart, di Michael McDonald, ecc. Gli altri hanno suonato coi migliori artisti in circolazione: da Jon Anderson, Kate Bush, Chris De Burgh, Mick Fleetwood, David Byron degli Uriah Heep, Roger Daltrey, Doobie Brothers, Elton John, Manfred Mann, ecc. Il più recente acquisto è Richard Cottle, l'addetto ai sintetizzatori di qualsiasi tipo. Ha suonato dal vivo con Mike Oldfield e ha fatto parte dei Go West. Il suo primo produttore fu Gus Dudgeon, uno in gamba sin dagli anni '70 nel riconoscere i nuovi talenti. Richard riesce a suonare stupendamente e programmare i computer altrettanto bene. Ovviamente quando non lavorano con me sono liberi di collaborare con chi vogliono, credo che tali esperienze aiutino la nostra musica a crescere”.

I: “La sua musica è stata spesso definita "Progressive" o “Symphonic Rock"; lei è d’accordo o preferisce chiamarla in un altro modo? In ogni caso cosa significano per lei questi termini?”.

AP: “Mi piace "Progressive Rock", anche se oggi appare un po' vuota come espressione, però "Symphonic rock" va ugualmente bene come definizione del tipo di musica che compongo. Ma se dovessi proprio scegliere un'etichetta, allora userei certamente “Alan Parsons Music, sarebbe senza dubbio la più appropriata. Comunque non sento il bisogno d'inserire la mia musica in una categoria. Ad ogni modo, se incontrassi qualcuno ad un festa che non conosce i miei dischi e dovessi spiegarglieli a voce, direi "Serious rock music". Non faccio musica per ragazzini”.

Guido Bellachioma